E’ un racconto per i grandi. Sembrerebbe abbastanza triste, però potrebbe non esserlo: dipende soltanto da voi, cioè da che cosa immaginate che significhi ciò che leggerete alla fine.
Questo racconto parla della scuola elementare, però di quella di un tempo.
Il protagonista è appunto un maestro, il maestro Gigi.
Ovvero di quando c'era un solo insegnante per classe. Allora si diceva preside o direttore invece che "dirgente" e, così pure, i "commessi" si chiamavano bidelli.
I maestri erano in numero quasi uguale a quello delle maestre, poi, col passar del tempo, i maschi si sono allontanati da questa professione.
Il maestro Gigi è vicino alla pensione, ha quasi sessant'anni. Si dedica con passione al suo lavoro, specialmente da quando è rimasto vedovo ed i figli, sposati, si sono trasferiti in altre città.
Alla sua età basta poco per essere felici: qualche sogno, il piacere di un sorriso di saluto, uno stimolo a fare cose nuove che diano soddisfazione. Lui, appunto, ha il suo lavoro di maestro, in cui ha molta esperienza e per il quale è stimato dagli alunni, dai genitori e dai colleghi.
Però, nella scuola dove insegna le cose stanno rapidamente cambiando. Ne hanno istituita una nuova nella stessa zona, perciò il numero degli scolari è in continua diminuzione.
Gigi aveva iniziato tre anni fa un nuovo ciclo nella sezione B.
Aveva preso i piccoli allievi in prima, portandoli fino alla terza, cioè la sua classe attuale: la III B.
All'inizio dell'anno scolastico aveva appena dodici alunni, ma la classe era stata mantenuta egualmente, nonostante non raggiungesse il numero minimo previsto.
Nel suo registro ci sarebbero dodici iscritti, ma quattro non si sono mai presentati.
Poi, passate le vacanze natalizie, tre dei bambini, di quelli che frequentavano, si sono trasferiti in un paese vicino, così gliene sono rimasti solo cinque, di effettivamente presenti.
Ma son durati poco: o per malattia o per altri motivi, ieri i presenti erano soltanto tre.
Oggi il maestro Gigi sta attendendo, come al solito, l'arrivo dei suoi pochi alunni, fermo sull'uscio dell'aula, ma è già suonata l'ultima campanella e lui non ha visto ancora nessuno.
Vorrebbe aspettare lì ancora qualche minuto, ma richiude la porta, vergognandosi che un collega o un bidello scorga la triste realtà dentro alla sua aula.
Un po' disorientato si siede come sempre alla cattedra.
Attende un attimo e per forza d'abitudine sussurra il suo solito:
– Buongiorno bambini ... – poi apre il registro e fa l'appello a voce alta, lentamente, per aspettare una eventuale, impossibile voce dai banchi.
Alla fine riguarda tristemente quella serie completa di crocette, cha ha scritto nella colonna delle assenze.
Richiude il registro ed ecco che si accorge che sulla copertina azzurra ci sono due macchie rotonde che si vanno ingrandendo.
Si soffia rumorosamente il naso, si asciuga gli occhi e ne ripulisce, come può, le tracce dal registro.
Lo ripone nel cassetto, attende un attimo per riprendersi poi, senza rendersene conto, pronuncia a voce alta:
– Oggi parliamo di ... – ma subito s'interrompe.
Si sente davvero frastornato: non riesce a convincersene, gli sembra tutto irreale.
Seduto alla cattedra, gira lo sguardo incredulo a destra e a sinistra, avanti e indietro, esplorando l’aula deserta: non c'è davvero nessuno!
Sulle pareti stanno appesi i disegni coloratissimi, fatti dai suoi alunni in occasione delle recenti festività.
La mente cerca di staccarsi dal presente e si sposta là, dove va lo sguardo e si tuffa completamente in quelle immagini.
Deve distrarsi, per scacciare la mesta tristezza che gli sta montando nel cuore.
Egualmente, sulla cattedra cade ogni tanto qualche luccicone.
Così trascorre la mattinata.
Alle 12.40 la campanella suona la fine delle lezioni. Il maestro Gigi si é rimesso il suo cappotto ed esce dalla porta secondaria della scuola, cercando di non incrociare nessuno.
L'indomani è ancora lo stesso di ieri. E così continua per alcuni giorni, senza che nessuno si renda conto di ciò che sta accadendo in III B.
In classe c'è sempre soltanto lui; nessun altro apre quella porta e vi fa capolino.
Chi passa nel corridoio pensa che la classe sia stata abbinata ad un'altra terza e soppressa.
Infatti le luci dell'aula sono spente; non si avverte alcun rumore; non ci sono cappottini, né berretti appesi agli attaccapanni del corridoio.
Il fatto che il cartello "III B" sia ancora lì sulla porta è considerato un normale peccatuccio burocratico.
I colleghi tirano dritto verso le proprie aule o al distributore del caffè.
I bidelli risparmiano un po' di tempo ed evitano di farvi pulizia.
Ma sono già due giorni che Gigi, entrato al mattino, non ne è più uscito!
Che cosa sta facendo?
È sempre lì, seduto alla sua cattedra.
In questo momento sta fissando la carta geografica sulla parete in fondo all'aula.
È la carta fisica dell'Italia, coi suoi colori che mostrano bene le pianure, i monti, i laghi ed i mari.
Da un po' di tempo sta guardando un punto in particolare. Sta cercando, pur se è abbastanza distante dalla parete, la zona dove ha portato l'anno prima in gita i suoi alunni: era stata una bellissima gita in montagna!
Che gioia, che allegria, quel giorno! E' bello ricordare ...
Il ricordo sta assorbendo ogni suo pensiero.
Però ... i pensieri lentamente diventano sogni.
E sono: bellissimi sogni ...
Ora già non più: i sogni stanno cambiando in qualcosa d'altro.
Non so spiegarvelo bene: si tratta di qualcosa che vale ancora di più, molto di più dei sogni ...
Che sarà mai?
Ecco: una bella valle con un prato bellissimo, dove tanti bambini corrono e giocano ... tutto sembra vero!
Una mano gentile prende la sua e dolcemente lo accompagna in mezzo a quel gruppo.
E allora, tutti insieme, ... si gioca, si è felici!
Dopo un paio di mesi, il bidello Antonio, più scrupoloso degli altri, decide che è ora di ripulire anche quell'aula. La porta scricchiola: è da tanto che non viene aperta, ci vorrebbe un po' d'olio.
È entrato, si guarda intorno e commenta:
– Il maestro Gigi ha scordato qui il suo cappotto. –
Lo prende e lo appende in corridoio, mentre ricorda:
– E già ... le ultime volte non era più lui, era diventato sbadato, assente ... –
Poi, rientrando in aula, completa a voce alta il suo pensiero:
– Non se n'è saputo più nulla ... era una brava persona, peccato che ci abbia lasciati ... –
E riprende a rassettare la classe.
Ma, quando arriva in fondo all'aula, sul banco vicino alla carta geografica dell'Italia, che cosa vede?
Un mazzolino di fiori di montagna, ma freschi, quasi appena raccolti.
Chissà chi li ha lasciati!
G.A.