In un piccolo paese in riva al mare viveva con i suoi genitori un bambino di nome Pierino. Il papà di Pierino faceva il pescatore, la mamma era sempre indaffarata coi lavori di casa.
Alla sera il papà spingeva la sua barca in mare e andava a pescare per tutta la notte. Al mattino Pierino, se il papà non era ancora tornato, andava ad aspettarlo, seduto su una grossa pietra in riva al mare, da dove poteva osservare tutte le barche in arrivo. Se la notte era stata fortunata il papà tornava con un cesto di pesci, che andava a vendere al mercato e così manteneva la sua famiglia.
D’estate Pierino non dovendo andare a scuola, andava a pescare col suo papà, ed aveva imparato i segreti della pesca.
Pierino cresceva felice, nell’amore dei suoi genitori, ma una sera successe un brutto fattaccio. Erano seduti tutti e tre attorno al tavolo per la cena quando sentirono bussare alla porta.
Toc, toc.
– Chi è? – chiese il papà.
Toc, toc …
– Insomma chi è? –
– Sono una buona fatina. –
Il papà si alzò, andò ad aprire: davanti alla porta c’era davvero una fata, ma in pochi secondi quella figura si trasformò in un’orribile strega, che alzò le sue braccia mostrando le mani sottili con dita storte e lunghissime unghie. Ecco che da esse uscirono dei lampi serpeggianti, diretti verso la mamma e il papà. Pierino tremante e atterrito vide i suoi genitori scomparire in pochi secondi. La strega se ne andò sghignazzando, lasciandolo incredulo e atterrito.
Pierino singhiozzando cominciò a chiamare la mamma e il papà; cercò in casa e fuori tutt’intorno, ma nessuno gli rispondeva:
– Papà, mamma dove siete? Fatevi sentire, tornate qui da me! Cosa posso fare io senza di voi? –
Nessuno gli rispondeva. Così singhiozzando Pierino andò a sedersi sulla solita pietra in riva al mare; piangeva e le sue lacrime, scendendo lungo le guance, cadevano accanto ai suoi piedi dentro all’acqua del mare.
– Papà, mamma tornate da me! – ripeteva in continuazione. Nessuno lo ascoltava, ma ad un certo punto una vocina lo chiamò:
– Ehi, ehi … –
Per un istante Pierino smise di piangere e si guardò attorno: non c’era nulla, nel buio tutto taceva. Riprese a singhiozzare, ma di nuovo la vocina lo chiamò:
– Ehi, ehi Pierino … Guarda qui in basso dentro all’acqua! –
Pierino abbassò gli occhi e … che meraviglia! Un pesciolino tutto d’oro con la testolina fuori dall’acqua stava parlando e lo chiamava. Incredulo si stropicciò gli occhi, ma era proprio vero!
– Pierino, ascoltami. Io so cosa devi fare per ritrovare la mamma e il papà. Anch’io sono magico, perciò conosco i segreti della strega cattiva e so come vincerla. Devi fare quello che ora ti dico! –
– Davvero puoi? Allora mi aiuterai? Per favore, pesciolino dimmi che cosa devo fare! –
– Pierino, alzati e guarda sotto al sasso su cui sei seduto! –
Con fatica, dopo vari sforzi, Pierino riuscì a sollevare la grossa pietra:
– Non c’è nulla qui, pesciolino, solo un foglietto di carta bagnato. –
– Allora leggilo! – disse il pesciolino.
– Ma non si capisce bene … l’acqua ha cancellato quasi tutte le parole; si legge molto poco. –
– Leggi lo stesso quello che si vede! ¬ – incalzò il pesciolino.
– Ecco: m.. de… barca, …are a… c… grosso pesce, poi spada … a… o…; non riesco a leggere nient’altro. Ma che cosa significa? Non capisco. –
– Pierino, tu sei un bambino intelligente, prova ad immaginare che cosa ti dice di fare chi ha scritto questo messaggio. –
– Mi pare che dica di andare con la barca a pescare un grosso pesce. –
– Bravissimo! Vedi che ci sei riuscito! Su, Pierino, metti la barca in mare e fai come c’è scritto. Io ti seguirò per consigliarti. –
Pierino spinse in acqua la barca, come già aveva fatto altre volte insieme al suo papà, e cominciò a remare verso il largo.
– Forza, forza – ripeteva il pesciolino.
– Sono un po’ stanco, quanto manca? – domandò dopo un po’ Pierino.
– Dobbiamo andare a gettare la rete dove il mare è più profondo. Forza, forza. –
Era scesa la notte. Una nuvola coprì la luna e venne più buio. Dopo poco cominciò a soffiare il vento: vvvuu, vvvuu …
– Pesciolino, sta per venire una burrasca, ho paura! –
– Forza, forza, non temere, continua a remare. – incitava il pesciolino d’oro.
Ma il vento era diventato più forte: vvvuuuu, vvvuuuu … e Pierino faticava a spingere la barca in mezzo alle onde sempre più grosse. Lampi e tuoni nel cielo: zacc … buuum, zacc … buuum. Le onde più alte si infrangevano sui fianchi della barca e il vento spargeva da ogni parte gli schizzi di schiuma.
– Pesciolino, pesciolino, ho paura … –
– Dai Pierino, un ultimo sforzo, ancora tre belle remate e poi butta la rete! –
Con fatica, tra le onde che arrivavano ormai da ogni lato, Pierino calò la rete e, mentre cercava di buttare fuori dalla barca l’acqua che continuava ad entrare, chiamò il pesciolino.
– Dobbiamo fare in fretta, rischiamo di andare a fondo e annegare; quanto ancora dobbiamo aspettare? –
– Un momento, ancora un poco… – e poi , finalmente:
– Ecco, ci siamo, Pierino, tira su in fretta la rete! –
Pierino, tirando con tutte la sua forza, cominciò a ritirarla in barca. Era diventata più pesante e faceva ancora più fatica.
– Issa, issa … – lo spronava il pesciolino.
Molte alghe erano rimaste impigliate e non sembrava che ci fosse nient’altro. A metà della rete trovò una grossa medusa e poi un grosso granchio, che si agitava per fuggire dalle maglie che lo imprigionavano. Li ributtò tra le onde.
– Via … salvatevi, non sto cercando voi – gridò Pierino, mentre un’onda gli lavava la faccia.
– Issa … issa … –
Ad certo punto nella rete apparve una grossa sagoma scura.
– Ecco, Pierino, l’hai preso finalmente! Tiralo in barca e torniamo veloci a casa. – gridò il pesciolino d’oro.
Pierino remò con più forza che potè, mentre il pesciolino sempre a fianco della barca gli faceva coraggio. Man mano che si allontanava la burrasca faceva meno paura. Arrivò a riva, spinse la barca sulla spiaggia e si sdraiò sulla sabbia stanco morto. Pierino era così stremato che si addormentò immediatamente, sognando la sua mamma e il suo papà, fino al mattino.
Sorse il sole che lo risvegliò al calore dei suoi raggi. Pierino andò alla barca e ritrovò il bottino della sua pesca; nella rete c’era ancora il grosso pesce che aveva catturato quella notte. Era davvero grosso! Il pesciolino d’oro nuotava ancora nell’acqua lì accanto.
– Dai, Pierino, sei stato proprio coraggioso, ma ora prendi gli attrezzi del papà e apri il pesce come lui ti ha insegnato. –
Pierino lavorò col coltello da pescatore, fece a pezzi il pesce come aveva fatto altre volte, e rimase incantato vedendo la lunga spina che aveva tolto dalla pinna più grande.
– Guarda pesciolino, sembra quasi una spada! – disse agitandola nell’aria, a destra e a sinistra.
– … una spada, una spada? – allora a Pierino si ricordò che sul foglietto trovato sotto al sasso c’era proprio la parola: spada!
– Ho capito, pesciolino, con questa spada devo andare a combattere contro la strega cattiva per liberare i miei genitori! –
– Proprio così, Pierino! Sei un bambino intelligente. Questo era il messaggio del foglietto. Però non è semplice maneggiare una spada, devi imparare ad usarla –
– Come posso fare? – chiese Pierino.
– Ascoltami, qui in paese vive un vecchio soldato; ha combattuto tante battaglie, è stato ferito, ma ha saputo sempre cavarsela con la sua forza e il suo coraggio. Vai a cercarlo e chiedigli che ti istruisca almeno sulle mosse più importanti. –
Pierino prese la sua bianca spada ed andò in paese a cercare il vecchio soldato. Lo trovò che se ne stava seduto silenzioso all’ombra di un grosso albero di fronte alla sua casa.
Aveva la faccia tutta segnata da grandi e piccole rughe, che erano i segni della sua età. Ma ogni ruga oltre a rappresentare qualche anno della vita, rappresentava anche le mille e mille cose che aveva imparato, vivendole di persona, girando il mondo in tante battaglie e anche le esperienze che non si trovano sui libri di scuola o in biblioteca.
Ma la gente non lo ascoltava più perché era vecchio, malato e noioso. Da tempo alcuni monelli del paese si erano abituati a prenderlo in giro, perché a causa dell’età e delle cicatrici delle sue ferite, faceva fatica a ricorrerli, così i ragazzacci sapevano che potevano beffeggiare quel povero vecchio senza correre rischi.
Per questo motivo, appena Pierino gli si avvicinò l’uomo gli disse:
– Anche tu vieni qui a prendermi in giro? –
– Ma no assolutamente, signor soldato – rispose Pierino – non me lo permetterei – e continuò:
– Mi scusi se vengo qui a disturbarla, ma ho proprio bisogno del suo consiglio. –
A quelle parole il viso dell’uomo si illuminò: era davvero una gioia essere utile e apprezzato come una volta, quando tutti lo stimavano e cercavano il suo aiuto.
– Dimmi pure, ragazzo, che cosa posso fare io, povero vecchio, per te? – disse con gli occhi accesi dalla curiosità.
– La ringrazio perché mi sta dando ascolto. Io, signor soldato, devo combattere contro una strega cattiva – e Pierino gli raccontò tutto quanto gli era successo negli ultimi giorni.
Il vecchio soldato, che aveva un corpo di ferro ma un cuore d’oro, si commosse alla storia di Pierino e, molto volentieri, cominciò la sua lezione. Si alzò in piedi e, anche se non aveva più l’agilità di un tempo, gli fece vedere i colpi più importanti: fendente e montante, dritto, roverso e affondo, muovendo il suo bastone nell’aria e dicendogli quando usarli.
Ogni tanto si perdeva a raccontare qualche episodio delle sue avventure passate e spesso ripeteva cose già dette. Pierino lo ascoltava con pazienza e al momento giusto, con la sua bianca spada, imitava questa o quella mossa e si correggeva ascoltando il suo giudizio e i suoi consigli.
Passarono le ore e scese la sera.
– Ora puoi andare – disse il vecchio soldato e mentre lo accarezzava aggiunse:
– Ti auguro buona fortuna. Segui i miei suggerimenti, ma non andare all’attacco per primo. Lascia che sia il nemico a fare la prima mossa; tu difenditi, scopri la sua debolezza e, solo quando l’hai scoperta, vai all’attacco! –
Tornando a casa sua Pierino si sentiva più forte e sicuro di vincere la strega cattiva.
L’indomani Pierino andò in riva al mare a cercare il pesciolino d’oro. Era ancora lì, che nuotava nei pressi della riva.
– Pesciolino, sono pronto, dimmi dove devo andare. –
– C’è molta strada da fare, devi andare dove crescono gli Alberi della Verità. Ma non so dove siano, dovrai informarti. Vengo anch’io con te per poterti dare ancora i miei consigli. –
– Ma come faccio, pesciolino, a portarti via dall’acqua? –
– Non me ne serve molta. Pierino, mettimi nel tuo sacco tra due foglie ben bagnate. –
Così fece Pierino; riempì il suo sacco, in una tasca mise il pesciolino bene avvolto tra le foglie umide, prese la spada bianca, chiuse la porta di casa e si avviò verso il paese.
– Devo chiedere dove crescono gli alberi della verità – disse al pesciolino.
Fermò una signora sulla strada, ma questa si mise a ridere.
– Pierino, mi stai prendendo in giro, queste piante non esistono! –
Bussò alla porta di alcune case, ma non ottenne la risposta, anzi, una signora, molto arrabbiata, prese a rincorrerlo con la scopa:
– Mi fai perdere tempo con queste sciocchezze! – gridò.
Finalmente, fuori del paese, Pierino vide un contadino che lavorava in un campo e il pesciolino d’oro dalla tasca del sacco gli sussurrò:
– Vedrai che lui è un esperto di alberi e ci darà la risposta. –
Il contadino si tolse il cappello e si grattò un po’ la testa, pensieroso:
– Sì, Pierino, ho sentito parlare di queste piante, ma qui non ne crescono. Devi andare in Verilandia. Ma la strada è lunga; vedi quel monte più piccolo là all’orizzonte? Devi andare oltre quel monte, poi camminare ancora, quasi per due giorni e poi sarai in Verilandia. –
Pierino lo ringraziò, felice di aver finalmente saputo dove andare e intraprese il lungo viaggio, mentre diceva al pesciolino d’oro:
– Vedrai, pesciolino, ce la faremo. –
– Ne sono sicuro, Pierino! –
Cammina, cammina, attraverso campi e boschi. Pierino mangiò qualche frutto selvatico, rinfrescò spesso il pesciolino con l’acqua dei ruscelli. Così arrivò al monte e lo superò. Dormì in una stalla abbandonata e al mattino riprese la strada.
Cammina, cammina. In ogni paese, appena arrivava Pierino chiedeva:
– Mi scusi signore, è questa Verilandia? – ma gli dicevano sempre che non era ancora arrivato.
Era davvero stanco, quando, alla fine di una valle gli apparve un bosco molto bello, di alberi che non aveva mai visto.
– Pesciolino, a chi posso chiedere se questi sono gli alberi della verità? – disse a voce alta.
– Certo che lo sono, cip, cip – disse allora una vocina sopra alla sua testa.
– Chi sei? – chiese Pierino guardando in su, dove c’era solo un uccellino svolazzante.
– Sono il Passerotto chiacchierone – rispose l’uccellino e aggiunse – ho sentito la tua domanda e ti ho risposto: sì questo è un bosco di alberi della verità. Ma tu devi cercare quello che fa le ciliegie d’oro; ce n’è senz'altro qualcuno qui in mezzo. –
Pierino si incamminò in mezzo a quel bosco. Cerca, cerca … finalmente ecco un piccolo alberello della verità, aveva solo tre ciliegie, ma una brillava al sole tutta d’oro. Dalla tasca del sacco si fece sentire allora il pesciolino:
– Pierino, devi mangiare quella ciliegia. E domani mattina fare un buchetto nel terreno, metterci il nocciolo, innaffiarlo bene e aspettare. –
– Quanto devo aspettare? –
– Sette giorni, sette notti, sette ore e sette minuti! – precisò il passerotto chiacchierone.
Era ormai scesa la sera. Pierino nascose il nocciolo in una tasca, ben al sicuro, cambiò le foglie del pesciolino d’oro con altre morbide e umide, si preparò il posto per dormire, accanto al suo sacco e si addormentò. Il passerotto si mise di guardia su un ramo lì vicino. Pierino sognò che la sua mamma e il suo papà venivano a fargli coraggio e ad accarezzarlo.
Al mattino, per prima cosa, piantò il nocciolo, come gli era stato detto e cominciò ad aspettare che passasse il lungo tempo stabilito. Non si muoveva quasi mai; solo per cercare qualche frutto e un po’ d’acqua. Un altro ragazzo si sarebbe presto stancato di quella lunga attesa. Pesava anche a Pierino starsene lì a guardare per ore ed ore il piccolo verde fruscello, nato dal nocciolo della ciliegia, che a ogni risveglio appariva un pochino più lungo. Ma Pierino aspettava con pazienza, soltanto ogni tanto domandava:
– Pesciolino, passerotto, quanto manca? –
– Non è ancora ora, devi ancora aspettare. – era la solita risposta.
Finalmente, dopo la settima notte arrivò l’ottavo giorno. Dovevano essere quasi le sette al momento del risveglio, perché il sole era già più alto delle cime degli alberi. Il passerotto disse:
– Pierino, quasi ci siamo! – e dopo qualche minuto, finalmente – ecco è il momento! –
Pierino si alzò e andò accanto al piccolo alberello:
– E adesso cosa devo fare? – chiese e il pesciolino d'oro che se n’era stato zitto fino ad allora disse:
– Prendi il foglietto del messaggio trovato sotto al sasso e bagnalo con le gocce di rugiada magica, che la notte ha depositato sulle foglie dell’alberello. –
Pierino fece subito come gli era stato detto e, meravigliato, vide che tutte le parole che prima sembravano cancellate adesso si potevano leggere perfettamente. E, in particolare, l’ultime due righe prima completamente sbiadite, ora erano nitidissime e dicevano:
“Devi andare al pozzo della luna e in fondo al pozzo ritrovare l’ anello perduto.”
Pierino radunò in fretta le sue cose, le mise nel suo sacco e disse:
– Pesciolino, andiamoci subito! – e preparò nella tasca del sacco le foglie bagnate per ospitarlo.
– Vengo anch’io con voi. – disse allora il passerotto chiacchierone.
– Sei il benvenuto – disse Pierino – vieni anche tu e portaci fortuna! –
Pierino chiese: – Sapete dirmi dove si trova questo pozzo? –
– Lo conosco bene – disse il passerotto – devi camminare verso est. –
– Est è il punto dell’orizzonte dove nasce il sole – aggiunse il pesciolino dal suo nascondiglio, così Pierino prese sicuro quella direzione.
Cammina, cammina. Il passerotto li precedeva svolazzando. Verso mezzogiorno Pierino arrivò coi suoi amici in un piccolo paese. Nel centro c’era una piazzetta con un pozzo e lì andò subito.
In fondo ai pozzi molto profondi può accadere di vedere, anche di giorno, le stelle riflesse nell’acqua e pure la luna, se è nella posizione giusta. Per questo motivo quel pozzo si chiamava appunto “pozzo della luna”.
Quando Pierino si sporse a guardare nel profondo del pozzo si preoccupò per quanto era profondo:
– Ma come faccio ad arrivare fin là? – disse a voce alta.
– Non ti preoccupare – disse il pesciolino d’oro, – ci sono io. Riempi il secchio fino all’orlo e mettimi nel secchio insieme a un sasso pesante, così affonderò nell’acqua e arriverò sul fondo del pozzo. –
Pierino fece proprio così e cominciò a calare il secchio pian piano, usando l’argano. Il secchio arrivò sul pelo dell’acqua, lì galleggiò per un attimo, ma poi riprese a scendere per il peso della pietra contenuta, si inabissò e scese ancora fino a toccare i sassi del fondo.
Il pesciolino d’oro era nel suo ambiente, nuotò osservando bene e, ad un certo punto, scorse qualcosa di luccicante. Risalì a galla per dare la notizia:
– Pierinoooo, c’èee davverooo qualcosaaaa! – disse mentre l’eco gli allungava le parole,
– Oraaa tornooo giùuu … – e si rituffò.
Nuotò fino all’oggetto luccicante, lo afferrò con la sua bocca e con fatica lo trascinò nel secchio. Poi risalito in superficie gridò a Pierino:
– Oraaa tiraaa pianooo pianooo … –
Con fatica e lentamente Pierino cominciò a far risalire il secchio; appena tornò sul pelo dell’acqua il pesciolino ci saltò dentro. Quando finalmente il secchio fu in cima, Pierino bloccò l’argano e appoggiò il secchio sul muretto del pozzo:
– Ma è davvero un anello ed è bellissimo! – disse e lo prese dal secchio.
Era un anello d’oro con un bellissimo smeraldo verde che mandava mille riflessi.
– Deve essere un regalo tra innamorati – disse il passerotto – leggi se c’è qualche nome all’interno – aggiunse.
Nell’interno dell’anello, incisi nell’oro in caratteri molto piccoli, a fatica Pierino lesse: “Luisa e Luigi - 15/5/1950”. Era perciò un anello di matrimonio e, siccome si adattava ad un dito piccino, era probabilmente quello della sposa.
– Chissà quanto vale con uno smeraldo così bello – disse il passerotto.
– E sì, deve valere parecchio – confermò il pesciolino dal secchio.
– Ma non posso tenermelo – intervenne Pierino – prima dobbiamo cercare di renderlo ai legittimi proprietari, se li troviamo.
– E’ giusto, così fanno le persone oneste, – dissero insieme il pesciolino e il passerotto – chiediamo qui in paese se conoscono i signori Luigi e Luisa. –
Pierino riaccomodò il pesciolino nella tasca umida del sacco e cominciò a bussare alle porte delle case lì attorno.
– Per favore, sapete dirmi dove abitano Luigi e Luisa, che si sono sposati nel maggio del 1950? – era la domanda. Ma all’inizio sembrava che nessuno li conoscesse. Poi finalmente un’anziana signora, molto gentile disse:
– Potrebbe trattarsi della povera Luisa, ormai rimasta vedova, che abita nella casetta gialla in fondo a quella via – e aggiunse
– è una signora che ormai non esce quasi più di casa, è rimasta sola, ha avuto parecchie sfortune, da tanto tempo non l’ho vista più sorridere. –
Pierino coi suoi amici arrivò alla casetta e bussò:
– Scusi, è lei la signora Luisa che si è sposata con Luigi nel 1950? –
Dapprima solo silenzio, poi un leggero scalpiccio di passi e la porta si aprì.
– Bambino, che cosa desideri da me? Sì, Luigi è mio marito, ma è morto in un brutto incidente e sono rimasta vedova. Vivo qui da sola. Perché mi cerchi? –
Allora Pierino le mostrò l’anello dicendo:
– Questo deve essere vostro, l’ho trovato in fondo al pozzo del paese! –
Con la mano tremante la signora prese l’anello, nei suoi occhi passò un lampo di incredulità, ma poi si riempirono di gioia, mentre diceva:
– E’ proprio il mio anello … quello che mi aveva dato il mio Luigi – e lo baciava – che miracolo averlo ritrovato, grazie, grazie bambino, che gioia mi hai portato oggi! Ha grande valore, ma per me vale ancora di più che per gli altri, perché il mio Luigi me lo aveva messo al dito il giorno delle nozze e adesso rappresenta gli anni felici che abbiamo vissuto insieme. Grazie, ancora grazie! –
E spiegò che tre anni fa le era capitato di togliersi l’anello per lavarsi le mani; ma era bastato quel breve momento di distrazione, perché una gazza ladra, entrata dalla finestra del bagno se lo portasse via. Probabilmente la gazza l’aveva poi lasciato cadere nel pozzo, là dove Pierino l’aveva ritrovato.
La signora fece entrare Pierino e i suoi amici in casa, non sapeva come sdebitarsi. E allora Pierino le disse che avrebbe molto apprezzato, dopo tanti giorni di vagabondaggio, un piatto di minestra calda, un po’ d’acqua e briciole per i suoi compagni di viaggio.
Dopo il pranzo il passerotto disse:
– Pierino, ora dobbiamo ripartire, ti aspetta un’altra prova. –
Quando ripartirono la signora li salutò restando sulla porta e agitando il braccio finchè li potè vedere. E il suo viso era ancora sorridente.
Usciti dal paese, Pierino chiese:
– Passerotto, tu sai dove dobbiamo andare? –
– Sì, certamente, altrimenti non sarei magico. Dobbiamo andare ancora verso est, hai superato la prova dell’onestà, adesso ti aspetta quella della scaltrezza. –
– Certo – precisò il pesciolino d’oro – sinora hai superato cinque prove. La prima: hai mostrato grande coraggio lottando col mare in burrasca. Seconda: hai avuto rispetto delle persone anziane, quando sei stato dal vecchio soldato. Terza: hai avuto la costanza di percorrere tutta la lunga strada per arrivare in Verilandia. Quarta: hai avuto la pazienza di attendere la rugiada dell’albero della verità. Quinta: ora sei stato onesto, rendendo l’anello perduto alla sua proprietaria. L’ultima prova ti attende: devi dimostrare di essere anche astuto e scaltro, poi potrai combattere contro la strega cattiva. –
– Allora dove devo andare? – chiese Pierino.
– Prosegui la strada, sempre verso est e cerca la Locanda dei due Furboni – confermò il passerotto chiacchierone.
Cammina, cammina, la strada si addentrò in una valle stretta e cominciò a salire. Cammina, cammina, Pierino arrivò quasi in cima al passo; al di là la strada certamente andava in discesa verso l’altra vallata, ma proprio nel punto più alto una casa sbarrava la strada. Avvicinandosi di più Pierino lesse sulla facciata scolorita l’insegna: “Locanda dei due Furboni”.
– Che strano che blocchi la strada – disse Pierino ai suoi amici.
– Devi entrarci per forza e uscire da qualche porta di dietro – confermò il passerotto.
Pierino bussò alla porta e nell’interno si sentì una sonora, gran risata:
– Ha, ha, ha! – ma un’altra diversa vociona fece subito eco:
– Haa, haa, haa! Ecco un altro sciocco che viene a sfidarci! –
Un omone, tondo con grossi baffi aprì la porta:
– Buonasera, bambino, mi chiamo Sempronio, sono l’oste. Ha, ha, ha. Che cosa vuoi? –
– Buona sera signor Sempronio, sono Pierino e avrei bisogno di continuare la strada, ma pare che io debba attraversare la sua locanda –
Dall’interno anche la moglie dell’oste si avvicinò. Era pure lei, molto grossa, un donnone tondo, tondo e arrivata sulla porta si fece sentire:
– Io sono Artemisia, l’ostessa, haa, haa, haa. Siamo noi i due furboni. Ci chiamano così perchè siamo molto astuti e ci piace mettere le persone alla prova: di qui nessuno passa se non sa risolvere gli indovinelli che inventiamo, haa, haa, haa, perciò Pierino, ti avverto, puoi entrare, però per poter uscire dal retro della locanda e proseguire per la tua strada devi dimostrare di essere furbo anche tu.
Haa, haa, haa, ma, se non lo sei, dovrai restar qui a fare lo sguattero, per tutti i lavori pesanti che noi non vogliamo più fare.
Haa, haa, haa. –
Pierino, senza esitare, allora disse:
– Mi sta bene, mettetemi alla prova subito. –
Sempronio e Artemisia confabularono un po’ tra continue risate e poi Sempronio disse:
– Ha, ha, ha, Pierino, siccome sei giovane ti diamo una prova semplice. Ha, ha, ha, prendi questa pentola, va’ nel bosco, qui davanti e riportacela piena di fragole, ha, ha, ha. –
– Ma proprio piena! Haa, haa, haa. – aggiunse Artemisia.
Pierino prese la pentola e mentre entrava nel bosco disse ai suoi amici:
– E’ una prova davvero semplice, se ci sono le fragole, vero? –
– Attento Pierino, c’è un trucco, non te ne sei accorto? – disse il passerotto.
Pierino vide una prima fragola, la raccolse:
– Ce ne vorranno almeno cento – disse alzando il coperchio per metterla nella pentola e solo allora si accorse che quella pentola era senza fondo. La fragola era ricaduta nell’erba. Ecco il tranello!
– Oh cielo – disse Pierino – adesso come faccio a riempire questa pentola di fragole? –
– Devi riuscirci lo stesso – dissero insieme i suoi due amici.
Passarono due orette e poi Pierino ribussò alla porta della locanda.
– Ti sei già arreso, bambino, ha, ha ha? – disse Sempronio – Entra, entra, ha, ha, ha! Vieni Artemisia, abbiamo un nuovo sguattero. –
Ma Pierino entrò e vuotò un mucchio di fragole sulla tavola:
– Signori, è stato facile, ho capovolto la pentola ed il coperchio ha fatto da fondo! –
– Adesso, per favore fatemi passare! –
L’oste e l’ostessa si commossero per la scaltrezza di Pierino e:
– Ha, haa, ha, haa ha, haa … – risero fino a farsi venire le lacrime e ancora ridendo aprirono la porta posteriore da dove Pierino se ne uscì, salutandoli.
La strada adesso era facile, in discesa, e dopo poche svolte Pierino lesse il cartello: “Valle della Strega! Alla larga!”
Allora estrasse dal sacco la sua spada bianca, preparandosi a difendersi:
– Ci siamo, amici miei –
Il passerotto volò avanti, in esplorazione. Quando tornò aveva qualche penna bruciacchiata dal fuoco lanciatogli contro dalla strega e avvertì Pierino dove l’aveva incontrata. Ma la strega non era stata là ad aspettarlo e comparve subito, poco più avanti, ridendo e sghignazzando, più brutta che mai.
– Pierino, devi portarla fuori dal suo territorio, dove ti sarà più facile combatterla – sussurrò il pesciolino.
Pierino con la spada in pugno cominciò ad indietreggiare, poi si voltò e corse con tutto il fiato che aveva il breve spazio che lo separava dal cartello e si fermò dall’altra parte.
– Bravo Pierino, qui non potrà fare tutte le sue magie – disse il passerotto.
La strega arrivò tutta infuriata, ora aveva anche lei una spada in mano e la agitava pericolosamente lanciando delle grida terribili. Pierino cercava di parare i colpi con la sua spada, senza attaccare. Ricordando i consigli del vecchio soldato, cercava invece di capire, quale fosse il punto debole della strega.
Così si accorse che quando la strega gridava, per prendere fiato, abbassava il braccio destro. Quello era il suo punto debole! Aspettò con pazienza l’occasione di utilizzare la sua scoperta e quando venne il momento giusto, andò all’attacco.
Un dritto preciso sul fianco destro: e la strega sentendo la spada di Pierino entrare nel corpo rimase un attimo bloccata. Pierino ne approfittò e con un bel colpo roverso la ferì sull’altro fianco: un versaccio di rabbia uscì dalla bocca della strega. Pierino non perse tempo ed ecco che le calò sulla testa un bel fendente: la strega era stordita. E per finire ecco l’affondo di Pierino dritto al cuore della cattiva! Un grido terribile, uno schizzo di sangue nerastro poi una luce abbagliante.
Pierino si guardò attorno: la strega non c’era più: al suo posto un serpentello nero stava scappando veloce tra i cespugli.
In fondo alla strada scorse allora due persone che correvano verso di lui. Pierino guardò meglio e allora lanciò un grido di gioia:
– Mamma … papà …! – buttò la spada e corse felice incontro a loro.
Si abbracciarono, si baciarono, si strinsero forte, tutti e tre a lungo. Mamma e papà raccontarono tra la gioia e le lacrime di essersi appena liberati dalla magia in cui la strega li aveva imprigionati fin a quel momento. Pierino non sapeva se gridare dalla felicità o piangere.
Quando il suo cuore tornò a battere più normalmente, volle raccontare la sua storia, la lunga ricerca che l’aveva finalmente riportato da loro e disse:
– Mamma, papà, vi devo presentare i miei due amici, il pesciolino e il passerotto che mi hanno sempre consigliato e fatto trovare la strada giusta fino a voi – e si guardò attorno per cercarli, ma non li vide da nessuna parte. Allora prese a chiamarli:
– Pesciolino d’oro, passerotto chiacchierone dove siete? Venite qui da me, vi faccio conoscere i miei genitori! – ma nessuno rispondeva, non si vedeva nessuno.
Allora il papà e la mamma accarezzandolo gli dissero:
– Caro Pierino, i tuoi amici che ti hanno portato sin qui, eravamo noi! Ti siamo stati sempre vicini. Sentivamo il tuo pianto e il tuo dolore, anche se la magia cattiva ci impediva di dirti chi eravamo, egualmente ti abbiamo consigliato e aiutato come abbiamo potuto.
Tu non ci potevi riconoscere, ma ti siamo stati sempre vicini, non ti abbiamo mai lasciato solo. –
Mamma, papà e Pierino tornarono presto alla loro casa, alle loro normali attività, ma da allora furono ancora più felici di stare insieme e si vollero ancora molto più bene.
G.A.