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Frammenti o mattoni?
Di Pietro Planezio

La teoria che vuole gli asteroidi come residui della frammentazione di un grande pianeta un tempo orbitante tra Marte e Giove ha avuto diversi periodi di auge, a partire da quando fu formulata.
Ora, nel 1801 Piazzi scoprì un pianetino, (Cerere) proprio alla distanza prevista da una regoletta, che impropriamente a volte viene chiamata "legge", resa famosa da Tietz (Titius) e Bode.
La scoperta di un secondo asteroide (Pallade) ad opera di Olbers spiazzò un poco i sostenitori di questa "legge".
Per tenerla in vita lo stesso Olbers, notando come questi corpi celesti fossero addirittura troppo piccoli per meritare l'appellativo di pianeti (Herschel li chiamò "asteroidi") lanciò l'idea che potessero esser frammenti di un pianeta maggiore, andato in pezzi non si sa quando, non si sa perché.
Dopo altre due scoperte passarono parecchi anni senza avvistamenti, e la teoria venne dimenticata.
Quando, con l'avvento della fotografia, si ricominciò a scoprire asteroidi con una certa facilità, si cercò di vedere se le loro orbite fossero in accordo, almeno a grandi linee, con l'ipotesi del "disastro". 
Ora, se un pianeta viene frantumato, per qualsiasi motivo possa esser successo, i frammenti partiranno dal punto della catastrofe diramandosi in tante direzioni diverse, ma, per una caratteristica imprescindibile della meccanica celeste, se non sbattono in qualcosa sulla strada, dopo un giro attorno al Sole devono ripassare nello stesso punto.
Naturalmente non contemporaneamente, ma da lì, prima o poi, ci devono ripassare tutti (non l'assassino, ma la vittima, torna sul luogo del delitto!).
E, sempre per le regole della meccanica celeste, le "tracce" delle loro orbite devono intersecarsi dall'altra parte del Sole, anche se, in questo caso, le distanze possono essere le più svariate.
Ora, per quanti sforzi si facessero, per quanto si tenesse conto del fatto che questi corpi celesti, nel loro cammino, passassero vicino a pianeti perturbanti le loro orbite, non c'era modo di mettere d'accordo la famiglia degli asteroidi.
Non parevano volerne sapere di esser tutti figli dello stesso padre, il pianeta distrutto.
Neanche tirando le misure per i capelli.
Anzi, se vogliamo vedere i lavori più recenti, pare che alcuni gruppi possano, si, esser radunati, ma in parecchie famiglie diverse!
Oggi si è affermata una teoria diametralmente opposta.
Quando, oltre quattro miliardi di anni fa, si formò il Sistema Solare, Giove si trovò in una posizione particolare: la materia in caduta verso centro veniva frenata dalla radiazione di un Sole che cominciava a brillare.
Ora, detto proprio in soldoni, la spinta che la luce esercita sulle particelle di materia è proporzionale alla superficie esposta, quindi al quadrato del raggio.
L'inerzia che queste particelle oppongono ad esser "soffiate via" è proporzionale alla massa, quindi al cubo del raggio stesso.
Il gas, composto da particelle molto più piccole della polvere, viene spazzato via senza tanti complimenti, e quindi lascia il Sistema Solare centrale.
La polvere resiste molto di più a questa pressione, e difatti basta guardare le comete: la coda di polvere, curva, mostra una certa "pigrizia" ad allontanarsi dal Sole, mentre la coda di gas è sparata via diritta come una fucilata!
Nella zona interna del Sistema il gas non c'è rimasto, ed i pianeti sono rocciosi.
Giove si è trovato ad accrescersi in una zona particolarmente ricca: materiale che continuava a cadere dall'esterno, materiale espulso dall'interno.
E ne ha spazzolato una buona parte, diventando alla svelta il pianeta più grosso e massiccio del neonato Sistema Solare.
Ora, riteniamo di conoscere abbastanza bene il meccanismo con cui il materiale, quietamente orbitante attorno al Sole in orbite complanari e concentriche, lentamente forma corpi sempre più grandi: le velocità assolute sono rilevanti, dell'ordine della decina di chilometri al secondo, ma le velocità relative sono bassissime.
Come gli aerei che volano in formazione, insomma...
Bene, tra Marte e Giove ci sarebbero stati i mattoncini adatti alla formazione di un pianeta, come stava succedendo per Mercurio, Venere, la Terra e Marte...
Però il periodo orbitale,in questa zona, è proprio la metà del periodo orbitale di Giove, che come abbiamo appena visto ha avuto modo di crescere tanto, e tanto in fretta.
Invece di sorpassarlo, all'interno, ad ogni giro in un punto diverso del percorso, lo sorpassano (e quindi gli si avvicinano) sempre nello stesso punto.
Gli effetti dell'attrazione di Giove, quindi, invece di annullarsi da una volta all'altra, si accumulano.
E le orbite dei piccoli corpi destinati ad unirsi tra loro acquistano una certa eccentricità.
Pochissima, ma quanto basta per incrociare gli altri con un angolo, piccolo, ma pur sempre angolo.
A queste velocità se due rotte convergono, anche solo di un grado, vuol dire uno scontro ad oltre mille chilometri l'ora...
L'urto non è più dolcemente costruttivo, ma diventa distruttivo, e la gravità, per corpi così piccoli ancora molto bassa, non è sufficiente a tenere assieme i frammenti.
Questi si sparpagliano per il Sistema Solare con orbite sempre più eccentriche, sempre più pericolose.
Nei miliardi di anni, buona parte sono finiti addosso ai pianeti che nel frattempo si erano formati, prima contribuendo ad accrescerli, e poi a craterizzarli.
Ed un piccolo residuo è ancora lì, sparso, per la maggior parte tra Marte e Giove, con alcuni asteroidi che arrivano addirittura ad attraversare la strada a Mercurio!
Incrociando l'orbita dei pianeti, prima o poi troveranno il loro bersaglio...
Se questo bersaglio dobbiamo essere noi, speriamo che succeda il più tardi possibile!

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