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Altri asteroidi
Di Pietro Planezio

Il primo gennaio 1801 Piazzi, dell'osservatorio di Palermo scopre un corpo che lo insospettisce per essersi mosso da una notte all'altra, e che in breve "annega" nella luce del Sole.
Basandosi sulle indicazioni di Gauss, genio che proprio in quell'epoca cominciava a dominare il panorama della matematica, von Zach lo ritrova esattamente, quando emerge dalla luce solare, un anno esatto dopo il suo primo avvistamento.
Cerere (nome che ha due pregi: continua la tradizione mitologica, come pochi anni prima si era fatto per Urano, ed è la dea protettrice della Sicilia) è praticamente alla distanza prevista dalla cosiddetta "legge di Bode", una progressione geometrica rispecchiante le distanze dei pianeti dal Sole, e che aveva appunto un vuoto a quella distanza.
Per un po' nessuno dubita che sia il pianeta mancante, anche se il maggior osservatore dell'epoca, Herschel, continua a vederlo "puntiforme": non distingue cioè il dischetto che i pianeti mostrano se guardati coi maggiori telescopi dell'epoca.
Tenuto conto della distanza, ne conclude che questo pianeta debba essere addirittura più piccolo della Luna (ed infatti lo è, e di un bel po'). 
Le cose cominciarono a complicarsi quando Olbers, pochi mesi dopo, scoprì un altro oggetto simile, che battezzò Pallade.
Neanche Pallade dava per immagine un dischetto al telescopio, ed Herschel le attribuì una dimensione ancora minore di quella di Cerere (ed infatti ce l'ha).
Ora, usare la parola Pianeta per due oggetti chiaramente così piccoli sembrava quasi un insulto a Giove e Saturno, ed Herschel stesso propose di chiamarli "asteroidi". E così fu.
Fu Olbers stesso, a cui non piaceva l'idea di rinunciare alla legge di Bode, a suggerire che i due asteroidi fossero frammenti di un pianeta maggiore, andato in frantumi non si sapeva ne' quando ne' perché.
Se fosse stato vero, avrebbero dovuto esserci probabilmente altri frammenti, bastava cercarli!
E nel giro di sei anni ne furono trovati altri due, Giunone e Vesta.
Piccola curiosità: Venere, dea dell'Olimpo praticamente "solo bella" un po' come le nostre veline televisive, era il pianeta più brillante del cielo, più dello stesso Giove.
Giunone, moglie del Re degli Dei, che bene o male aveva messo lo zampino in tutte le vicende che la mitologia ci aveva tramandato, era un asteroide appena visibile col telescopio!
Forse la giustizia Divina aveva voluto punirla per aver così tanto rotto le scatole, al grido di "peggio per lei!
Chi sposa un Re deve sapere a cosa va incontro!" 
Tornando agli asteroidi, l'ottimismo iniziale sui frammenti del pianeta distrutto si sgonfiò ben presto.
Qualche anno senza avvistamenti, e gli astronomi si dedicarono ad altro, dimenticandosi del problema.
E per anni non se ne parlò più.
Però ogni tanto la scienza sforna qualche schiacciasassi che non si ferma davanti a niente: Hencke, nel 1830 riprese la caccia, e senza farsi smontare dalla mancanza di risultati osservò per 15 (diconsi quindici) anni prima di trovare il suo asteroide!
Il notevole miglioramento degli strumenti e, verso la fine del secolo, l'avvento della fotografia portarono rapidamente il numero degli asteroidi a diverse centinaia.
E tornò di moda un vecchio problema: se veramente gli asteroidi erano i frammenti di una antica catastrofe, pur con tutte le modificazioni dovute alle perturbazioni gravitazionali accumulatesi nei millenni, perlomeno a grandi linee le loro orbite dovevano avere due "radianti", uno più o meno coincidente con la posizione della catastrofe ed uno simmetrico dall'altra parte del Sole.
Però, più cresceva il numero delle orbite studiate, più ci si rendeva conto che non c'era modo di metterle in accordo con questa ipotesi, neanche tirandole per i capelli!
La teoria accettata oggi è diametralmente opposta: non i frammenti di un pianeta distrutto, ma i mattoni che avrebbero dovuto formarne uno, se la micidiale coincidenza del periodo orbitale con la metà di quello di Giove non avesse reso impossibile questo avvenimento!
Ne parleremo.

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