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Sulla divulgazione
Di Pietro Planezio

Da anni mi occupo di divulgazione scientifica, ed ogni tanto mi chiedo (e mi chiedono) se serva a qualcosa! "A cosa serve" è una orribile domanda che, da sempre, perseguita i ricercatori, in particolare gli astronomi (ahimè). Ogni tanto qualcuno (vedi l'articolo intitolato "la risposta di Faraday") dà risposte che passano alla storia, ma nella maggior parte dei casi l'unica reazione possibile è far finta di non aver sentito, o stringersi nelle spalle, comunque abbozzare. E questo quando la domanda vien fatta ai ricercatori. A maggior ragione un divulgatore dovrebbe sentirsi ancor più nel mirino, in quanto, se non si sa bene a che serva una ricerca, ancor meno si sa a che serva parlarne! Poiché da un decennio insegno all'Università della Terza età, dove arzilli vecchietti esigono spiegazioni comprensibili di argomenti terrificanti (Big Bang, evoluzione stellare, principio di indeterminazione, relatività, entropia, ecc) mi son già dovuto ricredere almeno su questo aspetto: credevo quasi che fosse un modo per far loro passare qualche pomeriggio, ma mi sbagliavo di grosso. Vogliono VERAMENTE sapere come stanno le cose! Ma la convinzione dell' utilità della divulgazione me l'ha data, per via indiretta, una trasmissione di cucina alla TV! Dunque, ad un simpatico signore toscano coi capelli bianchi, di cui non conosco il nome, fu chiesto che ne pensasse dei cibi transgenici. La risposta, testuale, fu: "non so bene cosa siano, ma sono contento che il mio governo faccia di tutto per tenerli lontani!" Applausi (non so se registrati o no), comunque logici, in linea con una credenza diffusissima e radicata da sempre: le cose nuove sono, per definizione, cattive! Ora, io non so cosa diavolo siano i cibi transgenici (o meglio, un po' lo so, ma non abbastanza per esprimere giudizi) e non voglio assolutamente entrare nel merito. Però ho avuto "de visu" l'ennesima conferma del fatto che la non conoscenza provoca diffidenza, e che l'innovazione (antibiotico o bomba atomica, non importa) è sempre vista come una maledizione divina! Del resto il proverbio dice "nessuna novità, buona novità". Il che lascia un po' perplessi: senza innovazione, saremmo ancora nelle caverne! Nel caso dell'energia atomica, poi, dopo un inizio così catastrofico, è chiaro che non sarà possibile risalire la china! Ricordo un mio caro amico, doveva andare il vacanza in Australia qualche anno fa, quando ci fu un mancato incidente nucleare in Giappone. Un incidente che avrebbe forse reso inagibile un palazzo, non lo ricordo molto grave. Ma il mio amico mi chiese se non fosse il caso di rinunciare alla gita in Australia, a 5000 km di distanza! Bene, sono, forse a torto, convinto che se la gente sapesse di che sta parlando, quando parla di ingegneria genetica, forse deciderebbe a ragion veduta. Se il referendum sul nucleare fosse stato fatto fra persone competenti, forse si sarebbe deciso su basi serie, e non su possibili ritorni elettorali! Perché questo ho constatato: per TV (ed oggi, possiamo raccontarci quel che vogliamo, ma è l'unico mezzo di comunicazione efficace) a raccontarci il pro ed il contro delle innovazioni scientifiche non ci sono quasi mai persone veramente competenti. Quando ci sono parlano in un linguaggio incomprensibile per far bella figura coi colleghi e non sembrare "banali". E la gente, giustamente, cambia canale. Gli unici che sappiano come si fa, e si facciano capire, sono troppo spesso tribuni ciarlatani che non hanno nessun interesse al problema se non quello di costruircisi sopra una carriera politica. Mah!
Pietro Planezio


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