da LA REPUBBLICA, 9/9/1996

Sorpresa Galeone il Perugia è pratico
di STEFANO ZAINO

Per Gaucci è il primo passo verso l'Europa. Per Galeone il primo mattone di una casa chiamata salvezza. Non la penseranno mai allo stesso modo, i due. I fuochi dell'estate rischiano di resistere anche alle piogge dell' inverno. Su una cosa però sono d'accordo: questa vittoria del Perugia, su una Sampdoria da lavori ancora in corso e senza carattere, è più che meritata. Mai, la squadra umbra, ha temuto di non poter festeggiare con un successo il ritorno in serie A atteso da quindici anni. Di fronte aveva un avversario che si è dimostrato baldanzoso solo a parole e non nei fatti, con un attacco portato all' accademia invece che alla concretezza, con un centrocampo troppo lento e prevedibile e con una difesa soggetta a sbandamenti paurosi, soprattutto in fase di contropiede subito. Vuole la Uefa, la Sampdoria, ma giocando così non potrà ottenerla. E' vero che gli episodi le hanno dato contro, è vero che la traversa di Veron, colpita al 9' sullo zero a zero, avrebbe potuto cambiare volto alla partita, ed è altrettanto vero che nella ripresa, pur in presenza di offensive confuse, i blucerchiati hanno colpito un palo con un tiro-cross di Mancini al 3' e hanno sfiorato per due volte la rete con Iacopino, prima beffato dal piede del portiere Kocic al 28' e poi dal suo guizzo carente al 36' , quando il giovane attaccante non è riuscito a sfruttare una profondità di Mancini. Ma tutto questo non deve far pensare ad una chiara supremazia sampdoriana, semmai alla vocazione suicida del Perugia, creato ad immagine e somiglianza di Galeone, capace di fiammate entusiasmanti, ma anche di pericolose leggerezze difensive e incredibili errori all' attacco. Se Negri, implacabile al 23' del primo tempo nel trasformare in gol una percussione di Gautieri, fosse stato un po' più abile nel capitalizzare le opportunità della ripresa, la sofferenza non sarebbe mai arrivata e la Sampdoria sarebbe uscita molto prima dalla partita. Invece i padroni di casa hanno sbagliato (emblematico al 41' della ripresa il tocco debole di Negri su passaggio di Castellini che ha consentito a Mihajlovic di salvare sulla linea), e gli avversari hanno potuto crederci fino alla fine, senza peraltro dimostrare di volersi meritare la generosità perugina. Eriksson dice di non sentirsi demoralizzato, nè tantomeno arrabbiato. Traduce le lacune della sua squadra in due difetti, la perdita di troppi palloni a centrocampo e la scarsa concretezza all' attacco. Ma ieri alla Sampdoria, a parte queste evidenti deficienze, è mancato soprattutto il carattere, quella voglia di lottare su tutti i palloni, che invece è stata prerogativa del Perugia. «Abbiamo corso di più - ha sintetizzato Galeone - e questo spiega la nostra maggiore pericolosità». Una mentalità artigiana che può portare più punti della sindrome da spettacolo, comunque sempre presente nel tecnico della squadra umbra. E una mentalità che tanto piace al "boss" Gaucci, ruspante nelle sue invettive come nei suoi proclami o nelle sue singolari decisioni, quali quella di non voler comunicare il numero preciso degli abbonati e la relativa quota d' incasso. «Restano un segreto, dobbiamo ancora finire i conti» dice, stupendosi che gli interlocutori siano sorpresi. Per lui conta solo il fuoco d' artificio, l'ossessivo ritornello del Perugia da Uefa, «perchè noi non siamo abituati ai programmi pluriennali, vogliamo ottenere tutto e subito». Fretta. Di esaltarsi per una vittoria, di ricordare a Galeone che l' ottimismo è un obbligo. Chissà, magari paga. Ieri è andata bene. E domenica a San Siro con l' Inter? «Moratti stia attento», sentenzia Gaucci.

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