Welfare Society

Dentro la crisi

Argentina: I fattori della crisi
 

 

di Fernando Bonzi


A partire dal 1999 l’economia argentina ha cominciato a evidenziare dei problemi che a mio parere avevano una triplice origine: la restrizione del credito bancario al settore privato, che colpiva principalmente le piccole e medie imprese; la concorrenza delle importazioni dal Brasile per via della debolezza della moneta brasiliana, il real, che pure penalizzava in larga misura le aziende agricole, zootecniche e manufatturiere che producevano beni alternativi a quelli d’importazione; infine il deprezzamento dell’euro e delle altre monete nei confronti del dollaro, tra il 1999 e il 2002, che determinò una sopravvalutazione del peso argentino per consentirgli di rimanere agganciato al dollaro stesso.

La restrizione del credito bancario al settore privato fu conseguenza di due fenomeni che produssero una sorta di “effetto forbice”. Da un lato un forte aumento della spesa di diverse province, in particolare quella di Buenos Aires, che si finanziò attraverso l’indebitamento bancario; dall’altro, la graduale riduzione degli investimenti dall’estero rastrellati dal sistema bancario a partire della crisi russa dell’agosto 1998. La prima conseguenza della restrizione del credito fu l’aumento dei tassi sui prestiti, che le province accettarono di pagare senza grandi lamentele, ma che nel settore privato determinò la riduzione degli investimenti sia di capitali che di forza lavoro da parte delle piccole e medie imprese, quelle che maggiormente utilizzano manodopera. Da qui il graduale aumento della disoccupazione dal 1999.

La crisi e le regole del gioco degli anni Novanta
Nel dicembre 2001 e gennaio 2002 andarono in crisi le regole su cui si reggeva il sistema economico negli anni Novanta, simbolizzate dalla deroga dalla legge di convertibilità e dalla immediata “pesificazione” forzata dell’economia. Ciò significò dichiarare l’insolvibilità generalizzata della totalità del debito pubblico e privato. I principali effetti di questa crisi furono i seguenti:
- la forte svalutazione nominale del peso, che nei confronti del dollaro, dal cambio di 1 a 1, scese a un valore di 25 centesimi, per assestarsi a 33 centesimi nel giro di un anno.
- un impatto inflazionistico limitato e differenziale: i prezzi dei beni commerciabili internazionalmente si triplicarono, mentre la maggioranza dei prezzi dei beni non commerciabili e dei salari praticamente non aumentarono. Come conseguenza dell’inflazione differenziale i salari reali calarono in media del 30%.
- una forte caduta dei consumi e degli investimenti, che determinò un calo del Pil nel 2002 uguale a quello che si era avuto nei quattro anni precedenti.
- un calo delle esportazioni nel 2002. Tuttavia va detto che nel 2003 le esportazioni hanno ricominciato ad aumentare al ritmo medio degli anni Novanta.
- un calo del prodotto interno lordo in dollari di più del 60% come conseguenza della combinazione della svalutazione reale e del calo di consumi e investimenti.
- uno spostamento della ricchezza interna dell’ordine di 30 miliardi di dollari dai risparmiatori con depositi bancari e impieghi nei fondi pensionistici verso i debitori del settore privato e i governi delle province. Il governo nazionale, invece di trarne beneficio, vide aumentare il proprio debito per via dei rimborsi che dovette pagare alle istituzioni finanziarie per la pesificazione asimmetrica.
- una ridistribuzione delle entrate annuali pari a circa il 20% del Pil dai lavoratori e prestatori di servizi (inclusi i servizi pubblici privatizzati) verso i produttori di beni da esportazione non agricoli e zootecnici e di beni alternativi a quelli importati.
- ristabilizzazione dell’economia e recupero parziale dei consumi e degli investimenti nel 2003. Malgrado ciò, il Pil in dollari nel 2003 è ancora meno della metà di quello del 2001.
 

 

Welfare Society: «Dentro la crisi. Argentina: I fattori della crisi», di Fernando Bonzi, Tracce febbraio 2004

 

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