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di
Giorgio Vittadini
La
nostra società sta crollando sotto il peso del conflitto d’interesse. Non è
innanzitutto il conflitto d’interesse del Presidente del Consiglio, bensì
quello che riguarda tutti, cioè l’idea che il proprio interesse sia
diventato un assoluto a cui non si possa rinunciare per un bene comune e
l’azione politica sia semplicemente lo spazio in cui lo si possa e si debba
affermare, pena il fatto di passare a metodi che, se non sono eversivi, sono
sicuramente di rottura col sistema. Così, un partito di governo afferma le
esigenze di una parte dell’Italia contro l’altra o contro gli immigrati,
facendone l’orizzonte ultimo della propria azione. Altri, invece,
dimenticano che l’Italia è un paese con scarse risorse e incapace di sfamare
oltre un certo numero di stranieri. Sono, questi, due esempi di principi
parzialmente giusti, ma affermati in modo assoluto e quindi contrapposti in
modo da rendere quasi impossibile una vera e duratura sintesi politica. E
che dire allora delle mille categorie di scioperanti, ognuna delle quali ha
in sé motivi parzialmente giusti, ma che, affermati contro tutto, rischiano
di far fallire una compagnia di bandiera o di vanificare tutti gli sforzi
per contenere la spesa pubblica? Si potrebbe andare avanti, ma si capisce
che queste contrapposizioni, se portate agli estremi, condurrebbero alla
guerra, alla distruzione dell’unità del popolo, con gravi conseguenze per
tutti. È necessario, invece, amare tutta la realtà e poter rimandare il
soddisfacimento del diritto personale di fronte a un’esigenza superiore,
reale e presente; è necessario credere nella possibilità di una coesione
nazionale, senza per forza che questa si traduca in un nuovo partito. Non lo
si fa per lo Stato e nemmeno per gli appelli di qualunque Presidente della
Repubblica. Lo si fa se l’ideale in cui si crede fa amare questa convivenza,
servire ciò che è pubblico, pur non essendo un “privato”. Per uscire dai
conflitti a cui si assiste in questi giorni, non serve l’homo homini lupus,
né il tentativo di una morale luterana, ancora più violenta verso chi
sbaglia; serve quella gratuità che non si costruisce, non si inventa, ma a
cui si obbedisce stupiti. Ci deve essere una realtà servendo la quale e
obbedendo alla quale si desidera servire di più tutti e amare tutti, senza
tornaconto. Così può avvenire il miracolo sociale di rinunciare, oggi, a un
proprio interesse particolare per permettere un interesse comune. Non è
forse l’esempio di chi ha ricostruito l’Italia dopo l’ultima guerra? è ora
di ricominciare in questa direzione.
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