Terrorismo

 

Moralismo, politica e terrore
 

Che la Francia sia alleata dei terroristi non è questione morale, ma politica

 
Il Foglio


I fatti. Il governo francese alle prese con la dolorosa questione degli ostaggi non è destinatario di appelli umanitari generici di frange estremiste del medio oriente. Ha bensì cercato e ottenuto senza grandi sforzi l’appoggio politico convinto ed esplicito di alcune delle fazioni principali del terrorismo islamico: Hamas, reduce da una strage di civili israeliani, il Jihad islamico e spezzoni del mondo ex baathista che argomentano la loro solidarietà, dopo un incontro con il ministro degli Esteri Michel Barnier, incitando a liberare i francesi e ad ammazzare civili e militari americani. Questo fatto, che è (Dio se lo è) un fatto di primaria importanza, ma che sembra destinato per adesso a restare confinato al racconto che ne facciamo nelle pagine del Foglio (nell’increscioso silenzio della grande stampa), non pone una questione morale, ma politica. Nessuno risolverà mai il problema etico di che cosa sia lecito fare per salvare una vita umana, il caso Moro ce lo dimostrò ampiamente. Ben venga anche il comunicato insanguinato di Hamas, verrebbe da dire, se serve a liberare Chesnot e Malbrunot.

Ma sul piano politico, quel che conta è l’affiorare di una verità che fino a ieri era generico e sussurrato passaparola: la Francia è passata all’incasso, e se incassa, è segno che ha dato. Sarà cura delle diplomazie occidentali tenere la brace sotto la cenere, nessuno ufficialmente può dire la verità, nell’ambito dei rapporti tra gli Stati, sul fatto che nella guerra al terrorismo islamico il governo francese è con noi e contro di noi.


Ma l’opinione pubblica deve sapere che la linea della Francia, nella sua lunga storia araba e anche dopo l’11 settembre, è quella della compromissione occulta e del favoreggiamento del terrorismo mediorientale, in cambio di una promessa di serenità e di pace domestica. Questa linea è sostenuta dall’interesse nazionale, perché la Francia ospita la più grande comunità musulmana d’Europa e cerca una strategia di convivenza, oggi in crisi per via del suo laicismo di Stato così poco pragmatico, così ideologico; ed è sostenuta da idee perfettamente legittime sul piano politico e statuale, perché un grande paese europeo ha tutto il diritto di pensare che Israele deve guadagnarsi il diritto di vivere mettendo la ricerca della stabilità del mondo arabo e islamico prima del suo diritto all’autodifesa (ciò che per noi è una bestemmia, per lo Stato francese è una politica di vecchia data).

Villepin che prega in moschea fa il paio con il famoso episodio di Lionel Jospin, all’epoca primo ministro socialista in coabitazione con Chirac: in visita in Israele e in Palestina, parlò male del terrorismo degli Hezbollah, fu preso a sassate all’università e al ritorno in patria, invece della solidarietà, trovò una ramanzina di Chirac perché si era permesso di lacerare la tela della diplomazia che lega il suo paese ai gruppi del terrore antiisraeliano.

Quello che le cancellerie forse non possono dire, la coscienza pubblica europea non può ignorare. L’occidente è diviso, sanguinosamente diviso, anche e soprattutto dopo l’11 settembre. Il patto occidentale di solidarietà di cui ha parlato il presidente del Senato non esiste. L’Eurabia di Oriana Fallaci non è una farneticazione, è un’espressione geopolitica che ha una capitale: Parigi. E questo vuol dire che l’Europa è una maldestra finzione. La questione è politica, e bisognerà parlarne a lungo e in modo circostanziato e algido. Ma se l’opinione pubblica viene tenuta all’oscuro di tutto questo, e le si ammannisce invece il rivoltante fervorino secondo cui un grande stratega della politica araba come Chirac sta dando a tutti noi una lezione su come ci si comporta, se non siamo liberi di sapere perché abbiamo paura di sapere, allora la verità effettuale della cosa, negata e coperta, diventa uno scandalo morale.
 

 

Terrorismo: «Moralismo, politica e terrore. Che la Francia sia alleata dei terroristi non è questione morale, ma politica», Il Foglio 3.9.2004

 

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