Terrorismo

Irak

Giovani idealisti, in divisa, in Irak

 

 
Tratto da David Brooks,
The New York Times, 2 dicembre 2003


In tutte le guerre i soldati sono chiamati all’eroismo, ma gli uomini e le donne americani in Irak sono chiamati ad un nuovo genere di eroismo. Anzitutto devono sopportare la pazzia della guerra, respingendo gli attacchi dei feddayn, sopportando gli attentati suicidi, abbattendo porte e perquisendo case. Ma il giorno dopo, o un’ora dopo o pochi minuti dopo, sono chiamati ad entrare in un universo morale totalmente differente. Gli è chiesto di distribuire libri di testo, improvvisare reti fognarie e sovvenzionare bilanci. Alcuni siedono sui banchi dei consigli comunali per aiutare a condurre le discussioni. Alcuni agiscono come dirigenti di programmi di sviluppo, convogliando fondi sulle iniziative locali più promettenti. Addestrati a sparare, a molti oggi è chiesto anche di essere dei consulenti e dei consiglieri comunali.
Non si riesce a immaginare un’altra circostanza storica simile in cui ad un gruppo di giovani è stato chiesto di essere coraggiosi, fieri ed implacabili, ed allo stesso tempo cordiali, creativi e pazienti. Quando si leggono i dispacci dall’Irak o i diari on-line che molti soldati tengono, o le e-mail che spediscono a casa si capisce subito quanto è difficile andare avanti e indietro fra questi due universi. E tuttavia i loro risultati più importanti sembrano aver luogo sul confine fra normalità e caos. Quando l’ordine sta per collassare, soldati, aviatori e marines saltano dentro e insegnano agli iracheni le tradizioni e i modi di fare della democrazia (...)
Più della popolazione americana in patria, i soldati nel mezzo del conflitto credono nella loro missione e sono fiduciosi della riuscita. Quando si leggono i loro scritti, si vede quanto siano dei veri democratici. Sono atterriti all’idea di dominare l’Irak. Vogliono vedere gli irakeni indipendenti e in grado di governare se stessi. Se un qualche presidente volesse creare un impero, con questa gente non potrebbe farlo. La loro fede nella libertà governa le loro azioni. Soprattutto, si capisce che razza di arduo compito è stato loro assegnato e quante poche risorse hanno. E tuttavia si percepisce che le improvvisate abilità dei soldati sul terreno rimedieranno ai cosmici errori di coloro che stanno nei punti alti della catena di comando.
Se qualcuno si sta chiedendo: dove sono i giovani idealisti? Dove sono i giovani che vogliono dedicarsi a cause più grandi di loro? La risposta è: vestono l’uniforme in Irak, sul confine fra la follia e l’ordine.
 
 

Terrorismo: «Giovani idealisti, in divisa, in Irak»,  Tratto da David Brooks, The New York Times, 2 dicembre 2003

 

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