Terrorismo

Irak Saddam

SADDAM HUSSEIN : CROLLO DI UN MITO
 

 
di Renato Farina


Caino resta Caino. Bisogna legare le mani del fratricida. Quando però Saddam Hussein è apparso in televisione, alle ore 13 di ieri, su un video trasmesso da Bagdad, sembrava un Babbo Natale che non aveva ancora finito di truccarsi. Il Male si incarna sempre in uomini limitati. Persino i dittatori sanguinari hanno manchevolezze. Ne ammazzano a migliaia, a centinaia di migliaia, in combutta con altri arrivano a milioni. Ma poi sono stufi di sè stessi. Sono imperfetti anche nel male, gli uomini, anche i tiranni. Il signor Caino ha una faccia di tutti i giorni, da orco in pantofole. Questa mediocrità della cattiveria dà un po' di speranza. Ma ne dà di più la perseveranza degli americani, la loro resistenza a chi ogni giorno ne ammazzava un pochino.
Altro che Vietnam.

Kennedy e Nixon non riuscirono a catturare Ho Chi Min o il generale Giap neanche in dieci anni. Logico che all'annuncio della cattura, un gruppo di cronisti locali del nuovo tipo abbia barbaricamente esultato gridando: “Morte a Saddam!”.

È un Babbo Natale sconfitto e umiliato, ma quanti orfani e vedove ha lasciato in giro per l'Iraq, e specialmente in Kurdistan. Non è un bello spettacolo, quest'ira gaudente, ma non sono tutti lord a questo mondo.

Nei 270 - come chiamarli? - carnai, cimiteri senza benedizione rinvenuti nei territori del domino baathisra sono state rinvenute 300mila carcasse di uomini...

Un secondo prima, Paul Bremer, capo dell ' amministrazione americana in Iraq, aveva detto: “Ladies and gentlemen, we got him”, signore e signori, ce l’abbiamo, l'abbiamo preso. We got him. In dialetto lombardo diremmo: ciapà!

Hanno preso il tiranno. Saddam Hussein porge la testa a chi gli palpa le gote e gli percorre la barba con le dita guantate. Sono americani, non sono mica gli aguzzini delle sue squadre speciali, lo sa, non ha paura fìsica, nessuno gli strapperà con le tenaglie le orecchie o gli mozzerà la lingua. Saddam è prigioniero, in tivù il mondo vede. Ma l'Iraq aveva già capito tutto.

Tra i curdi del Nord, a Cirkuk e Mossul la notizia ha percorso la terra con vibrazioni più veloci dei dispacci elettronici. E quel Paese infelice si abbandona ad una gioia primitiva, di danze e di spari.

Si alza la cappa di paura, almeno un po', almeno un inizio. Viene in mente il profeta Isaia, più che il Corano, a scorgere i ragazzini a ballare tra le carcasse d'auto e i mozziconi di case a Bagdad, a Bassora, a Nassiriya.
Quanti tra loro hanno perso padri e fratelli maggiori.

Dice Isaia: “Prorompete in canti di gioia, rovine di Gerusalemme”. Nella Bibbia c'è scritto Gerusalemme, ma lasciamolo questo nome, che si merita un po' di gioia anche Israele, dove ci sono macerie dì ristoranti e bus carbonizzati e si può esultare per un capo nemico di meno.

Ma tutto il mondo è Gerusalemme oggi. Dunque, è festa. Anche perché l'Occidente, in specie l'America, ha saputo essere se stesso.
Ha vinto e il mondo raddoppia il premio. Non ha ammazzato, non ha torturato. Non ha nulla da nascondere questa America. Dunque, brindisi.

Un istante dopo però, amici, prudenza.
Attenzione perché altre rovine possono essere in arrivo. L'allarme è altissimo in Italia, Spagna, Francia.

Saddam è preso, e questo anche alla lunga avrà un peso molto grande nel distogliere le masse islamiche dal culto di un mascalzone che non può certo atteggiarsi a martire.
Egli però era ormai un simbolo più che un diavolo in piena attività.
Gli altri - i capi operativi - dentro e fuori il Medio Oriente colpiranno in fretta per mostrare che l'Idra del terrorismo islamista ha cento teste, e se ne amputi una, ne ricrescono dieci, cento. Ma intanto, quella del rais è stata se non mozzata almeno sbarbata, e per la sua missione diabolica è pure peggio. Senza neanche un graffio, senza bisogno di sparare un colpo di pistola, quella testa l'ha deposta egli stesso su un piatto d'argento, con goffaggine.
E pare che come nel più famoso caso di Giovanni Battista a mettere in moto la trappola sia stata una donna.

Per Saddam pare si sia adoperata la moglie in persona, come nel più prosaico caso di Mario Chiesa. Di certo è stato consegnato dal suo popolo agli americani. Qualcuno che si è pentito, o ha capito non valeva la pena fare del male e in più perdere. E i registi del terrore hanno colpito i colpevoli, cioè gli iracheni che non sono servi del vecchio regime. Infatti, diffusa la notizia della cattura, subito i feddayn di Saddam hanno fatto esplodere un'auto bomba vicino a una caserma di poliziotti vicino a Bagdad. Sedici agenti sono morti, ed anche alcuni civili, tra cui una bambina di 7 anni.

È stato consegnato dai suoi. Né ha combattuto. Il mito arabo del rais imprendibile e coraggioso è morto. Saddam non ha imitato il suo eroe Adolf Hitler, non si è tolto la vita. È stato trovato in un cunicolo. Per raggiungerlo hanno dovuto abbattere un muro di cemento armato spesso un metro e mezzo, dopo aver scavato sette metri di terra, in una fattoria a 15 chilometri di Tikrit, la città natale. Sopra, per mascherare il rifugio, vigilato da pochi fedelissimi, erano depositati rifiuti a tonnellate. Viveva sotterrato dalla spazzatura di se stesso, gonfio di inutili dollari persino laggiù, 750 mila, Forse gli servivano per comprare qualcosa all'inferno.

Bush era stato informato della "probabilità" della cattura di Saddam la sera precedente.
E' toccato a Condoleezza Rice svegliarlo alle cinque del mattino con la certezza della realtà. E' una vittoria piena: gli servirà per i sondaggi, ma non contano le elezioni bensì la guerra al terrorismo. Il primo a trasformare l'ipotesi in notizia pubblica e sicura è stato Toni Blair. “È una buona notizia per il popolo iracheno. Toccherà a questo popolo decidere il suo destino”. Il destino di Saddam, ma anche di sè stesso. Gli anglo-americani non sono andati lì per occupare, ma per un doppio motivo che alla fine è uno solo. La sicurezza propria e la libertà dell’Iraq, cioè la civiltà di tutti. In fondo sono questioni riconducibili all'unica tavola dei diritti umani. Berlusconi brinda e parla al telefono con Bush. Aznar appare subito alla televisione spagnola e dichiara: “Il tiranno pagherà”.

C'è il capitolo delle nazioni non precisamente amiche dell'alleanza.

Il primo a reagire è Chirac. Non si espone direttamente, manda avanti il portavoce. “Si rallegra. Questo avvenimento dovrebbe fortemente contribuire alla democratizzazione dell'Iraq e al recupero della sovranità da parte degli iracheni”.
Formalmente è tutto gelidamente perfetto: ma il bersaglio polemico sono gli americani, che hanno tolto la sovranità agli iracheni. Meglio di lui Schroeder: manda un festoso telegramma a Bush, e dice peste e corna di Saddam, che ha “causato dolori indicibili al suo popolo e all'intera regione”.

I politici italiani si dividono in due categorie. Quelli del centrodestra hanno un pensiero per i caduti di Nassiriya, ma esortano anche a considerare che sarà lunga la guerra al terrorismo e si compiacciono con Bush. I leader della sinistra invece copiano Chirac. Esempi? Piero Fassino dei Ds: “Ottima notizia. Si acceleri il trasferimento “di sovranità alle autorità civili irachene”. Marco Rizzo dei comunisti italiani: “Sovranità agli iracheni”. Francesco Rutelli, capo della Margherita, ha gli stessi toni: “Ora il dittatore va sottoposto a un giudizio autorevole”.
Ma poi sviluppa l'idea di una “nuova coalizione internazionale in Iraq”. Allargamento dunque. Il contrario di Fausto Bertinotti che, pur additando le “gigantesche responsabilità” di Saddam, considera “la sua cattura una violazione del diritto internazionale”. Anche quella di Hitler, magari, o forse di Mussolini.

Resta la questione di come giudicare Saddam.
Gli iracheni vorrebbero essere loro a processarlo. Ma non si capisce bene quale codice potrebbe valere. C'è il tribunale dell'Aja, ma né l'Iraq né gli Usa hanno aderito.
Bisognerà anche capire quale sarà l'atteggiamento del prigioniero. È stato incontrato da tre esponenti del nuovo corso democratico.
Uno di essi, Adnan Pachachi, ha riferito di lui: “È arrogante. Appare piuttosto stanco e sciupato, ma non è pentito”. Pare abbia risposto, dinanzi alla contestazione dei suoi crimini: “Sono stato severo ma giusto”. Davvero. Proprio quel che si fa dire a Hitler nelle barzellette.
È interessante però, proprio per la nostra idea di civiltà, che possa difendersi. Come dice Marco Pannella: “Nessuna piazza Loreto”. In fondo ci siamo intromessi nella vita dell'Iraq, facciamolo anche in questo caso, anche se la voglia di andare per le spicce, e di imbastire un bel tribunale del popolo, è senz'altro forte.

Ci resta una curiosità minore. Che ne faranno i pacifisti anti imperialisti dei diecimila euro per la "resistenza"?

Invece che armi l'idea potrebbe essere quella di comperare, stante i prezzi, cinquemila chili di arance per la galera del raìs, È stata una buona giornata, si può scherzare.

 
 

Terrorismo: «SADDAM HUSSEIN : CROLLO DI UN MITO», Renato Farina, Libero,  15.12.2003

 

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