Terrorismo

«Guardare dentro la paura»
 

A un anno dall’attacco alle Torri Gemelle nessuna spiegazione geopolitica è riuscita a soddisfare gli americani, che sono alla ricerca di un significato ultimo. Le riflessioni di un acuto osservatore


di Lorenzo Albacete


Fin dall’inizio gli eventi dell’11 settembre 2001 hanno avuto una forte dimensione religiosa. Tutto il terrorismo, in un certo senso, ha una base religiosa, come suggerisce la parola stessa. Il “terrore” è un’esperienza religiosa. Gli antropologi della religione la descrivono come la “paura” di fronte all’inspiegabile.
Un attacco terroristico non ha l’intento di ottenere una sconfitta militare del nemico. Ha lo scopo di suscitare una paura agghiacciante. È un evento teatrale, rituale, liturgico: un gesto simbolico, per così dire, che richiama o rimanda all’abisso del nulla.

Patriottismo religioso
Nulla di strano, perciò, se la reazione degli americani all’attacco terroristico dell’11 settembre dell’anno scorso abbia avuto una forte connotazione religiosa. Infatti la storia americana, la “storia” attraverso la quale il popolo americano definisce la propria identità nazionale e i propri obiettivi, ha sempre avuto un forte substrato religioso, anche dopo che i suoi termini fondamentali (elezione, libertà, missione, ecc.) furono secolarizzati. L’11 settembre ha risvegliato questa dimensione con un’esplosione di “patriottismo religioso”, come si è visto, per esempio, nello spettacolo dei membri del Parlamento che cantavano God bless America sui gradini del Campidoglio a Washington. Il Presidente ha assunto immediatamente il ruolo di Grande Sacerdote e Profeta della nazione, con un indice di gradimento dell’opinione pubblica che è andato oltre ogni stima politica. (Ricordiamo che all’inizio del suo mandato l’opposizione aveva messo in dubbio persino la legittimità della sua elezione. Quasi tutti i suoi discorsi suonavano come un sermone che chiamava al sacrificio per i supremi valori umani, identificati con “lo stile di vita americano” - vita, libertà, democrazia e libero mercato!).

Consulenti religiosi - cattolici, protestanti, ebrei e islamici - sono apparsi sulla scena e sono divenuti parte integrante di coloro che hanno preparato la risposta americana all’attacco. Al popolo americano sono state impartite molte lezioni sulla religione e la pace, la tolleranza religiosa e l’importanza della libertà religiosa. Le chiese traboccavano di fedeli e gli articoli sulla religione e la vita riempivano le pagine dei giornali e delle riviste, dalle pubblicazioni più intellettuali agli operatori dello spettacolo e della cronaca mondana. Uno dei comici televisivi più famosi d’America giunse quasi a ritirarsi dal suo programma, ma quando ritornò in onda una settimana dopo l’attacco spiegò la sua decisione di continuare quasi come fosse un dovere religioso, e dedicò la puntata di quella settimana a un’indagine alla ricerca del “significato ultimo” dell’attacco. Il Sindaco di New York e altre personalità politiche incoraggiarono il popolo americano a respingere ogni sorta di intimidazione intensificando la preghiera per rafforzare lo spirito della nazione, e spendendo di più per rafforzare l’economia.

Al di fuori degli Stati Uniti questa reazione è stata vista come qualcosa di strano, e qualcuno l’ha commentata con toni cinici e spregiativi. Eppure ciò ha permesso agli americani di riconoscere che le implicazioni dell’attacco andavano ben oltre la controversia geo-politica ed economica, e che tutte le spiegazioni in questo senso erano una immorale riduzione del suo significato ultimo.

L’umore della nazione
Oggi, a distanza di un anno, questa reazione “religiosa” all’attacco dell’11 settembre non si è ancora del tutto esaurita. Sotto molti aspetti le cose sembrano essere ritornate alla normalità, ma si tratta di un’impressione spesso illusoria. L’incertezza economica da parte dei datori di lavoro e degli investitori, per esempio, non è solo dovuta ai recenti scandali scoppiati nel mondo finanziario, ma anche a un cambiamento nell’“umore” della nazione, che è ancora molto difficile da valutare, poiché provoca un’incertezza al livello più profondo della coscienza collettiva. È appunto questo il livello del senso religioso. La decisione dei network televisivi, dei principali giornali e delle principali istituzioni di sospendere ogni forma di pubblicità nel giorno dell’anniversario (con enormi costi economici) deve apparire sorprendente a quei leader religiosi che erano convinti che il Paese avesse ormai perso tutto il senso del riposo del Sabbath e il suo equivalente nelle altre tradizioni religiose. (Non molto tempo fa ciò accadeva nei Paesi cattolici, per esempio in America Latina, solo in occasione del Venerdì Santo, ma non è mai stata una tradizione nazionale negli Stati Uniti).

Spazio sacro
La parte del Pentagono distrutta dagli attacchi è stata riparata e tutte le attività sono riprese, ora a un ritmo ancora più accelerato di prima, giacché la nazione persiste nella sua risposta militare, dirigendosi probabilmente verso una guerra con l’Iraq. A New York, tuttavia, lo spazio vuoto dove un tempo sorgeva il World Trade Center si è trasformato in una meta di silenzioso pellegrinaggio. Ogni giorno migliaia di americani e di altri visitatori percorrono lentamente e in silenzio la strada dalla quale si può osservare la voragine dove un tempo le Torri Gemelle si stagliavano fieramente contro il cielo. I nomi, le foto e gli oggetti personali di coloro i cui resti non sono mai stati ritrovati sono inchiodati sui muri e le staccionate attorno allo “spazio sacro”. Circostanza ancor più significativa: in tutta la città molti newyorkesi sembrano aver paura di guardare dalla parte dove una volta si vedevano le Torri Gemelle. Qualcuno l’ha paragonato al timore di guardare dentro la camera ardente mentre stanno preparando la salma di un amico o un parente morto prima di esporla. Questa è naturalmente una prova della persistente esperienza di timore religioso, anche se è ormai trascorso un anno dallo shock iniziale. Un passeggero di un aeroplano in fase di atterraggio all’aeroporto La Guardia (il più vicino a Manhattan, con un corridoio di avvicinamento che offre una straordinaria visione della skyline cittadina): «Quando abbracciavo con lo sguardo la città sentivo una grande eccitazione, ero come rinvigorito da quella visione maestosa, ma ora mi lascia un grande senso di vuoto. In realtà non vorrei nemmeno guardare, ma mi sento come costretto a gettare una breve occhiata e distolgo rapidamente lo sguardo, come se avessi visto qualcosa che non dovevo vedere».

In Tv
Nella settimana dell’anniversario dell’attacco il prestigioso network televisivo non commerciale Pbs ha mandato in onda un documentario di due ore intitolato
“Fede e dubbio a Ground Zero: le conseguenze spirituali dell’11 settembre”. Sono stato coinvolto nella preparazione di questo programma, per il quale abbiamo intervistato oltre trecento persone sulle implicazioni religiose dell’attacco. Non c’è stato nemmeno uno tra gli intervistati che non ha riconosciuto come la sua esperienza dell’accaduto sia stata, in un modo o in un altro, un’esperienza di Mistero (un’atea ci ha detto che è stata una sfida al suo ateismo, poiché l’attacco era interamente opera dell’uomo). Verso la fine del programma le domande cominciavano a incentrarsi sul possibile significato della visione impressionante di due delle vittime che si tenevano per mano mentre andavano incontro alla morte saltando da una delle due torri. Alla fine del programma ho potuto riassumere questa discussione alla luce dei giudizi dati dal movimento. Il gesto di coloro che andavano verso la morte tenendosi per mano ha due possibili significati. Possiamo vederlo come la tragica conferma che la morte e la vittoria del Potere hanno l’ultima parola sulla vita umana, l’amicizia e i desideri del cuore. Oppure possiamo vederla come un’affermazione eroica, un gesto simbolico (“sym-bolico” significa unificante, qualcosa che ricongiunge, mentre ciò che distrugge mediante la separazione è detto “dia-bolico”), un gesto che rimanda alla coscienza di un Mistero che contiene la parola ultima sul significato e il valore della vita umana, un Mistero più grande della morte, il Mistero che rende possibile l’amicizia e la solidarietà tra gli uomini e alla fine le fa trionfare - il Mistero dell’Essere rivelato come Carità.
 

Terrorismo: «Guardare dentro la paura», di Lorenzo Albacete, New York, 21 Settembre 2002