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di Giorgio Vittadini
Presidente della Compagnia delle Opere
Nel
dibattito connesso agli attentati terroristici in Usa
non mancano posizioni preconcette, che sembrano dimenticare
un
criterio di giudizio basato sull’evidenza della realtà.
Un passo indietro nel tempo ci aiuta a capire. Negli anni
del pacifismo a senso unico, l’allora Movimento popolare
coniò uno slogan:
la verità è la forza della pace.
Si voleva affermare che
non si può
parlare di pace, quando non si considerano tutti i fattori
della realtà e della storia.
L’11 settembre, quasi tutti sono stati mossi da un fremito
di pietas, per il destino dei morti innocenti di New York.
Come 20 anni fa c’è stata la netta percezione che la
risposta al nichilismo terrorista passasse da un
approfondimento della propria esperienza personale di
ricerca e incontro con la verità.
Rimanendo fedeli a questa intuizione nascono alcune evidenze
ragionevoli su ciò che sta capitando.
Innanzitutto,
si coglie la menzogna insita nel tentativo dei
fondamentalisti, di legittimare la loro barbarie come
inevitabile guerra santa tra inconciliabili civiltà. Lo ha
mostrato compiutamente il Papa, che si è commosso per le
persone morte, ha riconosciuto il diritto di perseguire i
colpevoli e nello stesso tempo ha chiesto che questo
avvenisse senza sacrificare innocenti e senza compromettere
la convivenza tra religioni ed etnie diverse. La sua visita
in Kazakistan mostra la possibilità reale di una convivenza
tra chiunque non dimentichi il desiderio di positività del
suo cuore.
Il presidente
musulmano del Kazakistan ha affermato che il cristianesimo,
religione non etnica, è garanzia per la democrazia e la pace
di tutti.
Si
percepisce la mistificazione di chi accomuna al
fondamentalismo la razionalità della fede cristiana e
l’umanità di ogni sincera esperienza religiosa. L’amore
a ogni persona e la capacità di riconoscere l’errore, propri
della Chiesa, sono fattori per tutta la civiltà occidentale
di libertà personale, progresso e valorizzazione di ogni
autentica esperienza religiosa.
La pretesa dei
terroristi di ridurre Dio al proprio progetto di potere
sull’uomo è piuttosto affine alla degenerazione di molte
ideologie moderne che credono nella forza salvifica dei
progetti politici ed economici.
In terzo luogo, si deve ammettere la validità della presenza
americana per la civiltà , che ha saputo, nonostante molti
errori e violenze, nella sua sfera di influenza garantire 50
anni di libertà religiosa, economica e politica. Il
massimalismo anti-occidentale e la richiesta di remissione
indiscriminata del debito estero di molti contestatori
anti-G8, finiscono per favorire anche Stati terroristi o
dominati da «signori della guerra».
Si riscopre
così il valore realistico dell’arte del compromesso in
politica, figlia dell’umile ricerca del vero.
Si possono difendere i diritti dei palestinesi, quelli degli
israeliani e quelli di tutti per Gerusalemme, senza essere
ambigui.
Per
non dimenticare i morti di New York
come qualunque
uccisione per «sbaglio» occorre credere umilmente nell’amore
alla verità del cuore dell’uomo e nella nostra tradizione. |