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Il coraggio del Papa, uomo vero
 

di Giulio Andreotti

L’attentato terroristico portato agli Stati Uniti 11 Settembre 2001.


Alla grande ammirazione che ha suscitato il Papa mantenendo, nonostante tutto, il suo viaggio in Kazakistan e in Armenia va aggiunto un motivo per così dire cronistorico.


Tra le fotografie del Congresso Eucaristico del 1964 a Bombay, una mostra Paolo VI durante la Via Crucis. Porta una grande croce di legno ed è seguito solo da un uomo vestito all’occidentale che la didascalia presenta come il Cireneo. In verità era il direttore del Sifar, che aveva organizzato, d’accordo con il collega indiano, un servizio speciale di protezione del Papa, a seguito di un’informazione che qualche settimana prima aveva parlato di un attentato in preparazione. E in effetti nel tratto dall’aeroporto al centro della città fu rinvenuto e disattivato un cassonetto-bomba (tipo via Rasella). Da quel momento il gen. Viggiani si mise a stretto contatto del Pontefice, scavalcando tutti gli schemi del protocollo.


Sei anni dopo quando Paolo VI si recò di nuovo in Asia, rischiò la vita subito dopo l’arrivo a Manila. Dal gruppo di prelati che erano ad accoglierlo alla scaletta uno si staccò per ‘salutarlo’ per primo. Aveva in mano un piccolo Crocifisso, che in realtà era un acuminato pugnale. L’intuito e la prontezza di don Macchi impedì che il colpo penetrasse a fondo. Imperterrito il Papa continuò nel programma previsto, mentre il ‘monsignore’ veniva circondato e portato via dalla polizia. Si apprese subito che (l’abito non fa il monaco) non si trattava di un ecclesiastico, ma del giovane e fanatico pittore Benjamin y Amor Mendoza. Un atto di cui non fu chiaro, nel processo che seguì, il movente. Se la cavò con una condanna a quattro anni, ma venne rilasciato molto prima. Il Papa non si era costituito come parte offesa. Per una strana coincidenza proprio mentre accadeva l’episodio di Manila, del pittore Mendoza si svolgeva una mostra in una galleria di Madison Avenue a New York. Un mio amico, ritenendo che la notorietà, sia pur criminale, accrescesse le quotazioni dell’artista acquistò un pastello per 350 dollari. Non so come sia andata. So invece che nove anni dopo lessi che Beniamino Mendoza era a Roma per una personale sotto il patrocinio dell’Istituto d’Istruzione Quasimodo. Non mi risulta che fosse sotto speciale vigilanza né ho notizia se e dove ora viva.


Giovanni Paolo II, che di attentati ne sa qualcosa avrebbe potuto essere spinto da queste memorie asiatico-vaticane a rinunciare al viaggio. Non lo ha fatto e per questo l’ammirazione per Sua Santità è ancora più intensa.

 

 

Giulio Andreotti
Il Giorno, 27-09-01