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Alla
grande ammirazione che ha suscitato il Papa mantenendo,
nonostante tutto, il suo viaggio in Kazakistan e in Armenia
va aggiunto un motivo per così dire cronistorico.
Tra
le fotografie del Congresso Eucaristico del 1964 a Bombay,
una mostra Paolo VI durante la Via Crucis. Porta una grande
croce di legno ed è seguito solo da un uomo vestito
all’occidentale che la didascalia presenta come il
Cireneo. In verità era il direttore del Sifar, che aveva
organizzato, d’accordo con il collega indiano, un servizio
speciale di protezione del Papa, a seguito di
un’informazione che qualche settimana prima aveva parlato
di un attentato in preparazione. E in effetti nel tratto
dall’aeroporto al centro della città fu rinvenuto e
disattivato un cassonetto-bomba (tipo via Rasella). Da quel
momento il gen. Viggiani si mise a stretto contatto del
Pontefice, scavalcando tutti gli schemi del protocollo.
Sei
anni dopo quando Paolo VI si recò di nuovo in Asia,
rischiò la vita subito dopo l’arrivo a Manila. Dal gruppo
di prelati che erano ad accoglierlo alla scaletta uno si
staccò per ‘salutarlo’ per primo. Aveva in mano un
piccolo Crocifisso, che in realtà era un acuminato pugnale.
L’intuito e la prontezza di don Macchi impedì che il
colpo penetrasse a fondo. Imperterrito il Papa continuò nel
programma previsto, mentre il ‘monsignore’ veniva
circondato e portato via dalla polizia. Si apprese subito
che (l’abito non fa il monaco) non si trattava di un
ecclesiastico, ma del giovane e fanatico pittore Benjamin y
Amor Mendoza. Un atto di cui non fu chiaro, nel processo che
seguì, il movente. Se la cavò con una condanna a quattro
anni, ma venne rilasciato molto prima. Il Papa non si era
costituito come parte offesa. Per una strana coincidenza
proprio mentre accadeva l’episodio di Manila, del pittore
Mendoza si svolgeva una mostra in una galleria di Madison
Avenue a New York. Un mio amico, ritenendo che la notorietà,
sia pur criminale, accrescesse le quotazioni dell’artista
acquistò un pastello per 350 dollari. Non so come sia
andata. So invece che nove anni dopo lessi che Beniamino
Mendoza era a Roma per una personale sotto il patrocinio
dell’Istituto d’Istruzione Quasimodo. Non mi risulta che
fosse sotto speciale vigilanza né ho notizia se e dove ora
viva.
Giovanni
Paolo II, che di attentati ne sa qualcosa avrebbe potuto
essere spinto da queste memorie asiatico-vaticane a
rinunciare al viaggio. Non lo ha fatto e per questo
l’ammirazione per Sua Santità è ancora più intensa.
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