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di
Vittadini Giorgio
Metti un
pomeriggio in un posto della bassa milanese. Dove una
cinquantina di famiglie (e una marea di bambini) si
incontrano per discutere di quanto è successo a New York.
Appunti - non rivisti dall’autore - di una conversazione
con Giorgio Vittadini, presidente della Compagnia delle
Opere
a cura di Luigi Amicone
«Di
fronte a un ‘morto che cammina, un niente imbottito di
esplosivo’, occorre un’idea della vita più forte della
sua. E l’idea della vita più forte della sua, non è
un’idea della vita, è un’esperienza di vita più forte
della sua».
Vittadini è in gran forma.
Domanda.
Sotto sotto si avverte l’obiezione di chi dice: «pietà
per le vittime, no al terrorismo. Però non diciamo che in
quelle torri newyorkesi c’era qualcosa che c’entrasse
col cristianesimo. L’equazione Occidente=cristianità non
è vera». Cosa ne pensi?
Vittadini:
Io sono completamente e totalmente appassionato di chi ha
fatto le Twin Towers! Un Cristo che si metta contro
l’immaginazione e l’operosità umana non mi interessa
assolutamente niente. Perché io ho una passione per
questo tentativo! Perché se no tu dovresti vivere, poniamo,
anche senza lo spazzolino da denti e senza il lucida scarpe.
E invece sono cose buone! Chi ti ha fatto il lucida scarpe e
lo spazzolino da denti ti ha voluto bene. La
passione per il punto di partenza è bene.
Altrimenti
tutto scade in un manicheismo che ci porta veramente a un
cristianesimo clericale. E poi ai Torquemada.
Domanda.
Dunque il cristianesimo è sensibile all’opera umana, da
qualunque parte essa provenga…
Vittadini: La
passione per l’uomo è in cima a tutto. Altrimenti
Gesù è semplicemente una locuzione verbale che, come
purtroppo può capitare a ciascuno di noi, fa diventare
farisei. Punto di partenza è la passione per chiunque fa un
tentativo di costruzione che abbia dentro qualche cosa di
nobile e di giusto. Quelli che han fatto le Twin Tours, le
hanno fatte per la comunità in cui vivono. Non si può
distinguere la ricchezza dalla questione del corpo.
Altrimenti si scade nel manicheismo, che è un’eresia. Io
parto da una passione. Perché la Gerusalemme di cui parlava
Gesù era una città che Gesù amava. Gesù era un uomo. Un
uomo che piange al pensiero della distruzione della città
che ama. Per questo noi abbiamo amato le Twin Tours, amiamo
New York, amiamo ogni tentativo umano.
Senza questa passione per gli uomini, senza sentirsi addosso
la stessa passione di tutti quelli che lavorano, senza
questa passione non può esserci vera, sincera, autentica
coscienza del limite, del peccato umano.
Il nostro carisma è «Cristo e gli alberi», non: «Cristo,
Cristo, Cristo». Il nostro carisma non è salvar l’anima,
il nostro carisma è la passione per il mondo! Allora, se ho
questa passione, capisco che questa passione è tradita
anzitutto in me, in me!
Domanda:
Sei un progressista anche tu?!
Vittadini: Cerco soltanto di rendermi conto di cosa
ho ricevuto. Allora anche per il progresso ho una
gratitudine. Perché
la via per andare a Gesù è il desiderio umano.
Anche per uno che vive la verginità la via è l’amore
alla donna. Non l’uscita dal mondo, ma l’amore al mondo.
Quanta miseria c’è in un uomo che ama anche nella
verginità! Da dove parti, dalla miseria? Quanta miseria
c’è nell’uomo che costruisce un’azienda! Da dove
parti, dalla miseria? Abbiamo fatto la Compagnia delle Opere
sulla passione per quello che fa. L’America è questo. Per
questo sentiamo come parte di noi il tentativo di una
nazione che, pur tradendo, si concepisce come qualcosa che
permette la libertà. Per questo dico:
dobbiamo
ridare alle cose il loro significato, non uscire dalle cose.
Io
ho passione per questi uomini, e sento il loro dolore come
il mio, e sento la loro costruzione come la mia. Sento il
progresso un bene, sento lo sviluppo un bene, sento la gente
che sta meglio un bene, sento la scoperta della medicina un
bene, sento la scienza un bene. Per questo ne percepisco
anche il limite, ma capisco che il male è l’ideologia, il
fanatismo religioso che fa di questo limite l’abolizione
di ogni operosità umana. Il peccato, che viene dal peccato
originale, è l’ideologia. Cominciamo a capire cosa voleva
dire per i nostri predecessori difendere Vienna…
Domanda:
Gian Micalessin, che è in giro per la Palestina, ha
intervistato per Il Giornale il ricercato numero uno dagli israeliani,
23 anni, addestratore di kamikaze e del quale il cronista
nota: «nel suo sguardo saettante non c’è più né vita né
morte, né gioia né dolore».
Vittadini:
Noi non siamo per la guerra, siamo per un’operazione di
polizia militare. La strada è lunga e non facile.
Domanda:
tornando al discorso precedente: però lo spirito del
cristiano non è quello del capitalista…
Vittadini: Ma il nostro peccato è lo stesso! La
differenza è solo in ciò che per grazia abbiamo
incontrato. Tra
te, me e il capitalista yankee non c’è nessuna
differenza. Tutti abbiamo l’amore al soldo e le tue mani,
come le mie, grondano sangue, ingiustizia, incapacità di
vedere il debole, incapacità di vedere quello che è più
sfortunato di te, incapacità di essere grato!
Non c’è nessuna differenza. Anche noi siamo quelli che
abbiamo sbagliato molto, siamo Zaccheo. Non c’è nessuna
differenza. Se fai l’esame di coscienza alla fine della
giornata, ti rendi conto che dal punto di vista del rapporto
col soldo, con le cose, con le persone, il tuo gesto ha la
stessa natura di uno che è padrone del mondo.
Il contenuto dell’insegnamento di Giussani è innanzitutto
questo: la coscienza del peccato.
L’occidente ha ridotto il peccato. E anche noi l’abbiamo
ridotto a una cosa un po’ più edulcorata, a un “per
modo di dire”. L’unica differenza è che in noi non è
ideologia. Se ce ne rendessimo conto, avremmo una pietà
l’uno verso l’altro, che non abbiamo. Avremmo una
capacità di perdono che non abbiamo. Avremmo una non
divisione della vita tra l’aspetto privato e l’aspetto
pubblico degli affari che non abbiamo, perché ci scanniamo
come gli altri. Ma, se ti fermi al male… La questione in
più è che questo male che va confessato è realismo. Se
san Carlo Borromeo si portava dietro il confessore e si
confessava tutti i giorni, dobbiamo pensarci anche noi.
La posizione cristiana è la coscienza del peccato. Vi
auguro di fare l’esperienza che ho fatto io nella casa in
questi ultimi anni: rapporti profondissimi di affezione, e
l’esperienza del tradimento, della violenza, della
negazione dell’altro, che mi han fatto scoprire
esistenzialmente questa cosa che non sapevo, se non fossi
stato amato molto e non sbagliassi molto. Per cui, ho
percepito che verso tutti, verso i genitori, verso gli
amici, non sei diverso. Semplicemente hai qualcuno che ti
perdona.
Senza questo non si percepisce neanche perché, come con
l’impero romano, devi difendere i confini di una “pax”
tale per cui questa esperienza quotidiana dell’io possa
esistere. Siccome
manca la coscienza del peccato allora uno non pensa più,
non dà più importanza… «alla vite che non hai piantato,
alle greggi che non hai allevato, alla terra che non hai
conquistato». Se manca questa coscienza uno si dimentica
che tutto è dato, astrae e perde il significato. E perde
tutto. Perde tutto il bello e il buono di chi ci ha
preceduto.
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