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L'impensabile è diventato realtà 

di Giulio Andreotti

L’attentato terroristico portato agli Stati Uniti 11 Settembre 2001.


L'aggettivo più idoneo a definire quel che è accaduto negli Stati Uniti è «impensabile». Purtroppo qualcuno invece aveva ideato e messo in atto un disegno terroristico che poteva in verità considerarsi impossibile. Le tecnologie avanzatissime, la pluralità dei servizi informativi, la stessa potenza globale degli Stati Uniti li collocava in una ritenuta invulnerabilità.

 

 

Accanto alla esecrazione dell'eccidio reso ancor più terrificante dalla ripresa diretta televisiva occorre sviluppare una indagine a tutto campo, cominciando da avvenimenti recentissimi che potrebbero essere collegabili al martedì nerissimo di questo settembre. Mi riferisco all'assassinio di un leader politico dissenziente in Afghanistan dove cominciò a farsi conoscere Bin Laden allora incoraggiato inviato speciale per combattere gli occupanti sovietici; alla Conferenza di Durban che ha esasperato vecchi conflitti e fatto ridiscutere sull'odiosa equiparazione del sionismo al razzismo; alla crisi delle Borse con ripercussioni tuttora non calcolabili. Può darsi non ho usato a caso il condizionale che queste connessioni non esistano. Ma è necessario guardarsi anche da facili riferimenti all'esasperato contrasto Nord - Sud, che a torto un filone pseudoculturale equipara all'antagonismo tra Cristianesimo e Islam. E' un errore grave, per sfuggire al quale può contribuire notevolmente il dialogo interreligioso, purtroppo non coltivato. In queste ore, accanto alla solidarietà per le vittime, si è invocata una maggiore presenza unita dell'Europa comunitaria. A mio avviso questa linea dovrebbe svilupparsi nella direzione di una forte pressione per il recupero da parte dell'Onu dell'entusiasmo e delle impostazioni iniziali, rese allora suggestive dall'ansia ricostruttiva del dopoguerra.



Occorre una coraggiosa diagnosi sui troppi punti di crisi (Medio Oriente che non è solo Palestina , Irak, Cecenia, parecchie zone africane, ecc.) che dovrebbe essere iniziata subito nell'Assemblea Generale dell'Onu, che spero non debba essere rinviata a causa della crisi di New York. Dieci anni fa, dopo la liberazione del Kuwait, si erano assunti impegni solenni per ridurre nell'area e fuori le dotazioni militari, limitandole alle strette esigenze della difesa. Non è stato così. Va ripreso con vigore questo indirizzo, anche perché se non si educano in profondità i popoli, le loro impressioni politiche non potranno andare mai nel senso giusto. Quello attuale è un momento che rischia di diventare «muscolare». A maggior ragione occorre che si faccia appello alle virtuose risorse della moderazione e del diritto come fondamento anche della vita internazionale. A differenza della prepotente massima degli antichi romani, io credo che chi vuole la pace debba lavorare per la pace.

 



Giulio Andreotti
Il Giorno, 13-09-01