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di Massimo
Bernardini,
Fra commozione
e ragione. Questo il crinale su cui si sono svolti, dal 3 al
5 maggio a Rimini, gli esercizi spirituali annuali della
Fraternità di Comunione e Liberazione, che avevano per
titolo la frase paolina: «Pur vivendo nella carne, vivo
nella fede del Figlio di Dio». Certamente commovente, ma
ugualmente piena di ragione, è stata la meditazione di
monsignor Luigi Giussani che li ha conclusi, incentrata
sull'episodio evangelico della vedova di Naim: «Quella sera
Gesù fu interrotto, fermato nel suo cammino al villaggio
cui era destinato, cui si era destinato, perché c'era un
pianto altissimo di donna, con un grido di dolore che
percuoteva il cuore di tutti i presenti, ma che ha percosso
innanzitutto il cuore di Cristo "Donna, non
piangere!"... mai vista, mai conosciuta... "Donna,
non piangere!". Che sostegno poteva avere quella donna
che ascoltasse la parola che Gesù diceva a lei?».
Ma monsignor Giussani non si accontenta; di fronte ai 26
mila aderenti alla Fraternità, di evocare il testo
evangelico: «"Donna non piangere!" Quando si
rientra in casa, quando si va sul tram, quando si vede la
coda delle automobili per le strade, quando si pensa a tutta
la farragine di cose che interessano la vita di milioni e
milioni di uomini... Uomo, donna, ragazzo, ragazza, tu, voi,
non piangete! Non piangete! C'è uno sguardo e un cuore che
vi penetra fino nel midollo delle ossa e vi ama». Fino al
mandato conclusivo: «Gloria Dei vivens homo: la gloria di
Dio, quella per cui sorregge il mondo, l'universo, è l'uomo
che vive. Noi vogliamo questo e nient'altro che questo, che
la gloria di Dio sia palesata a tutto il mondo e tocchi
tutti gli ambiti della terra: le foglie, tutte le foglie dei
fiori e tutti i cuori degli uomini».
Conclusione impegnativa per ogni aderente alla Fraternità,
nel segno di quel «nuovo inizio» di cui Giussani parla dal
22 febbraio scorso, dopo la lettera di Giovanni Paolo II
alla Fraternità per il ventennale del suo riconoscimento
pontificio. Lettera e risposta di don Giussani sono stati in
qualche modo il fil rouge di questi esercizi, guidati
da don Stefano Alberto, docente di introduzione alla
teologia alla Cattolica di Milano, e da don Julian Canon,
docente di teologia a Madrid. Ma hanno segnato anche la
celebrazione eucaristica guidata dal cardinale Crescenzio
Sepe, prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione
dei Popoli. Con parole calde e affettuose, all'insegna di un
«noi» che ha colpito il popolo " ciellino ",
Sepe ha ripercorso le parole del Papa e di monsignor
Giussani facendole in qualche modo sue: «II Papa
riconosce a don Giussani un particolare stile nel comunicare
la fede come particolarmente adatto a comunicare con gli
uomini del nostro tempo». E riferendosi esplicitamente
alle parole di Giovanni Paolo II a don Giussani («Il
movimento ha voluto e vuole indicare non una strada ma la
strada. La strada è Cristo che raggiunge la persona nella
quotidianità della sua esistenza») ha sottolineato che da
esse ne viene «la decisone,il coraggio di rischiare
nell'affermare, senza glossatore o tentennamenti, che è
Cristo la risposta, in ogni tempo».
Il percorso delle tre intense giornate, svoltesi in diretta
video con 18 i Paesi (altri 70 li vedranno in differita
entro 15 giorni), è dunque partito dal tema «Non una
strada ma la strada», svolto da don Stefano Alberto; si è
poi inoltrato sul terreno impegnativo di «Cristo è la
strada perché è l'inizio della fine», svolto da
Julian Canon; ed infine, domenica mattina, Carron e
Giancarlo Cesana, del consiglio di presidenza di Comunione e
Liberazione, hanno affrontato le numerose domande nate dal
lavoro dei 26 mila riuniti in numerose assemblee.
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