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di Ferdinando
Camon E' una notizia epocale. E viene dall'Italia. Il ministro della Sanità annuncia che è pronto un vaccino contro l'Aids, a conclusione di una ricerca che è stata lunga, costosa e faticosa. Il vaccino arriva in tempi fulminei, entro Natale. Non dà certezze preventive, ma molte solide speranze. L'Aids è stata (uso il passato, in segno di augurio) un'epidemia mondiale, durata vent'anni. La sua estensione sul mondo e la sua durata hanno costituito un test tremendo: il test di cosa sa l'umanità della propria sessualità, quali mezzi s'è data per bloccare un contagio mortale, quali precauzioni igieniche (nelle trasfusioni, negli ospedali) usa per salvaguardare i sicuramente immuni (i giovani, i bambini, i neonati), e così via. Dopo vent'anni, dobbiamo dire che questo test tremendo l'umanità lo ha perduto. L'Aids ha dilagato nei continenti più poveri, e questo vuol dire che anche il diritto alla vita è distribuito secondo ricchezza: a chi ha sarà dato, a chi non ha sarà tolto, e a chi non ha che la vita sarà tolta la vita. Se si mettono i continenti a formare una piramide, in alto, tra i più infetti dall'Aids, sta l'Africa, e subito dopo l'Asia. Ma non è tutto qui. In ogni continente, e dunque anche in Europa, se si mettono le classi sociali a formare una piramide, si vede che le più povere e meno acculturate sono le più colpite dall'Aids. Pare quasi che l'Aids sia la malattia della povertà e dell'ignoranza. In Europa non esiste propriamente miseria, economica o culturale; esistono però disadattamento ed emarginazione. Sono queste le povertà d'Europa. Ebbene: l'Aids colpisce proprio lì, tra coloro che han rifiutato la società o ne sono stati rifiutati. L'Aids colpisce per gruppi. Uno prende l'Aids per disattenzione, gli altri la prendono anche se stanno attenti. Perciò ha dilagato nel mondo della droga. Quando l'Aids fece la sua prima comparsa, ci fu chi la giudicò una punizione divina, in qualche modo meritata, perché la collegava a una colpa sessuale. A monte di questo giudizio ci stava un pregiudizio, che tutto il sesso fosse di per sé una colpa, comunque. Ci sono state, in Europa, personalità della Chiesa e dei governi che han pronunciato giudizi del genere, privi di pietà. Questi giudizi, la diffusione stessa del male li ha resi impossibili: perché il male ha finito per coinvolgere gli appena nati e per riguardare i non-ancora-nati. Abbiamo visto ospedali del Terzo e Quarto Mondo, con lunghe file di materassi di malati di Aids, materassini piccoli, ogni materassino un paziente: non sapeva ancora cos'è la vita, e già imparava cos'è la morte. L'Aids aveva (ha) questo di terribile: se l'uomo è una fortezza murata, l'Aids abbatte le mura, e quell'uomo può essere invaso da qualunque parte. Il malato di Aids si prende tutte le malattie, non è più capace di resistere a nessuna. E' sfibrato, magro, debole, suda, cade, perde la voce, la vista, la memoria, la coscienza. E' l'incarnazione di una sconfitta totale, una totale impotenza della scienza. Perciò il malato di Aids muore molte volte prima di morire. Il terrore dell'Aids ha finito per cambiare i costumi: il sesso si è fatto più cauto e responsabile, l'amante (figura tipica della storia borghese, del cinema e della letteratura) è diventata una e fissa (qualcuno ha finito per chiamarla «una moglie segreta»). L'educazione sessuale è diventata urgente e irrinunciabile, prima era rifiutata come una specie di corruzione.
Se
torniamo a quella piramide di continenti che abbiamo
costruito poco fa, quando dicevamo che l'Europa è il
meno travolto dall'epidemia, è chiaro che al continente meno
travolto spettava organizzare la rivincita: le stesse
ragioni che gli permettevano una resistenza al male, lo
chiamavano a partire per la rivincita. La buona notizia è
che sia proprio l'Italia il Paese che, in tutto il
continente, è arrivato o sta per arrivare a quella che pare
una vittoria. La notizia sbuca di colpo, nessuno (fuori
dagli ambienti) se l'aspettava. Noi non seguiamo le notizie
del bene, seguiamo sempre il male. Il male arriva nel
frastuono. Il bene arriva in silenzio. |
di Ferdinando Camon
Il Giorno, 01.12.2001