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Messaggio del Santo Padre
alla XXXI Sessione della Conferenza dell'organizzazione delle Nazioni Unite per l'Alimentazione e l'Agricoltura (FAO)

Vaticano, 3 novembre 2001

Santo Padre Giovanni Paolo II



Signor Presidente,  
Eccellenze,  
Signor Direttore generale,  
Signore e Signori,


"In occasione della trentunesima Conferenza dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Alimentazione e l'Agricoltura (FAO), che si tiene in questi giorni a Roma, porgo a tutti voi, Signore e Signori, il mio cordiale saluto.


Il vostro incontro si situa fra il "Vertice mondiale dell'Alimentazione", che si è tenuto nel 1996, e il "Vertice mondiale dell'Alimentazione - cinque anni dopo" che si terrà nel mese di giugno del prossimo anno. Da parte mia, nutro la fervente speranza che i lavori della presente Conferenza contribuiscano a rafforzare le nobili intenzioni formulate nel 1996, di modo che, nonostante la difficile situazione internazionale, il mondo possa apprendere, il prossimo anno, che un reale progresso è stato compiuto in questo ambito assolutamente vitale dell'alimentazione.


Le prime pagine della Bibbia descrivono l'abbondanza lussureggiante del creato e affermano che tutto ciò di cui l'uomo può avere bisogno gli è stato dato, affinché conduca una vita degna di una creatura fatta a immagine e somiglianza di Dio (cfr Gn 1, 26). Non è dunque possibile che nel mondo milioni di persone siano sottoalimentate o soffrano la fame. La terra è in grado di offrire loro il necessario e dunque la causa della mancanza di alimenti deve essere ricercata altrove.


Nel Libro della Genesi, Dio mette il creato nelle mani dell'uomo (cfr Gn 1, 26-28)
ed è in questa direzione che noi dobbiamo guardare se vogliamo comprendere i disordini attuali. È venuta meno una gestione equa dei beni del creato, con un'evidente disuguaglianza nella condivisione delle risorse.


In questa prospettiva, la vostra Conferenza vuole impegnarsi a essere un segno di speranza per il mondo, mostrando che vi sono persone determinate a praticare una gestione responsabile e creativa, volta a garantire "la sicurezza alimentare" per ogni componente della famiglia umana. Una simile determinazione si fonda sul riconoscimento del fatto che ogni essere umano gode del diritto inviolabile ad avere un'alimentazione corretta e che tutti gli uomini, in particolare quanti occupano posti di responsabilità, hanno di conseguenza il dovere di garantire che questo diritto venga rispettato. È un principio che dovremmo applicare non solo agli individui, ma anche alle nazioni:  quando le persone non possono far fronte ai loro bisogni fondamentali a causa della guerra, della povertà, di un cattivo governo o di una cattiva gestione, o anche a causa di catastrofi naturali, gli altri hanno il dovere morale di intervenire per andare in loro soccorso.


Lo sradicamento della fame nel mondo implica la volontà non solo di discutere di questa situazione o di deplorarla, ma anche di intraprendere tutte le iniziative concrete che si mostrano necessarie per affrontare il problema in maniera efficace e duratura. Fra le iniziative che desidero incoraggiare in modo particolare vi è la decisione presa dalle nazioni più ricche di dedicare una parte del loro prodotto interno lordo allo sviluppo dei Paesi più poveri e di compiere tutti gli sforzi possibili per ridurre il peso del loro debito estero. Bisogna perseverare in questi sforzi, anche quando necessità urgenti, sul piano nazionale o internazionale, indurrebbero a rinunciarvi.


A seguito dei terribili eventi dell'11 settembre, sono stati avviati ampi dibattiti su ciò che concerne la giustizia e l'urgenza di rimediare alle ingiustizie. In una prospettiva religiosa, l'ingiustizia è lo squilibrio radicale dove l'uomo si leva contro Dio e contro il proprio fratello, di modo che nei rapporti umani regna il disordine. All'inverso,
la giustizia è quella completa armonia fra Dio, l'uomo e il mondo che la Bibbia descrive come il Paradiso. Molte ingiustizie nel mondo trasformano la terra in un deserto:  la più impressionante di tutte queste ingiustizie è la fame sofferta da migliaia di persone, con le inevitabili ripercussioni sul problema della pace fra le nazioni. Papa Paolo VI non ha forse dichiarato nel 1967 che lo sviluppo è il nuovo nome della pace (cfr Populorum progressio, nn. 76-77)? Da allora, le sue parole si sono rivelate sempre più vere. Lo sviluppo comporta numerosi aspetti, ma il primo di tutti è la decisione di garantire a ogni uomo, a ogni donna e a ogni bambino l'accesso al nutrimento di cui ha bisogno. Per questo la vostra Conferenza non mira solo alla "sicurezza alimentare", ma anche alla "pace mondiale", in un momento in cui tali valori sono seriamente in pericolo.


Viste le gravi responsabilità che avete e anche le grandi speranze che si schiudono dinanzi a voi, come potrei non accompagnarvi con la mia preghiera? In questi giorni, vi assicuro della mia vicinanza, implorando da Dio Onnipotente l'abbondanza delle sue Benedizioni sui lavori della vostra Conferenza, affinché la FAO contribuisca a far crescere sulla terra la pace e la giustizia che vengono dall'alto.

Dal Vaticano, 3 novembre 2001

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