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Le
valanghe di soldi sono violenza
I
grandi signori della nostra epoca, per essere amati devono crearsi un ponte con le
grandi passioni collettive, e questo ponte può chiamarsi
Ferrari, Aprilia, Juventus, Milan, Inter, Roma, Lazio...
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Ferdinando
Camon
Zidane al
Real, Buffon alla Juve, come
Vieri, Rui Costa al Milan, Toldo all'Inter: la passione
dei tifosi che si proiettavano in loro e si sentivano da loro
incarnati, li seguirà? Ma neanche per sogno: lo
scombussolamento delle nostre squadre di calcio, con i
migliori campioni in fuga da una città all'altra, richiama le
età feudali, quando il passaggio dei condottieri da un padrone
all'altro creava nuovi stati e distruggeva i vecchi. Che
inconsapevole intuito ha avuto Ermanno Olmi a girare proprio
adesso un film su questo tema!
I
grandi signori della nostra epoca, segnata
dal pieno trionfo della borghesia, non sono amati perché
fabbricano auto, o frigoriferi, o vendono petrolio, o
forniscono pranzi precotti alle grandi aziende: il potere non
rende amabili. Per essere amati devono crearsi un ponte con le
grandi passioni collettive, e questo ponte può chiamarsi
Ferrari, Aprilia, Juventus, Milan, Inter, Roma, Lazio...
Le
grandi squadre stanno ai signori della borghesia come le
piramidi stavano ai faraoni: sono i mausolei, chiudendosi nei
quali si è riscaldati dalla passione e dai sentimenti del
popolo. La massa dei tifosi di una squadra vince o perde con
quella squadra, esattamente come la compagnia che seguiva i
condottieri. Tra un campionato e l'altro ha luogo il
calcio-mercato. Nel periodo del calcio-mercato non è che il
tifo e il furore si calmino, anzi si accendono per le future
battaglie. Se la dirigenza della Juve compra Vieri, fa sul
terreno del tifo interista un'irruzione devastante, come
un'orda che depreda tutto: i tifosi della Juve godono di
quella conquista come se entrassero in un territorio nemico
vinto in guerra.
Simboli di guerra Nei grandi
scontri ci sono staterelli deboli, facilmente depredabili: gli
eserciti che stanno per affrontarsi vanno lì a rimpinzarsi e
gozzovigliare prima della battaglia. E' il destino della
Fiorentina: il Milan le ha preso un centrocampista,
l'Inter le
prende il portiere e se può anche l'attaccante centrale. I
tifosi sentono che il gioco è un simbolo della guerra: per
Zidane hanno adattato la canzone di Topolino, quando Kubrick
la metteva in coda a "Full Metal Jacket". Qualcuno disse che
con i milioni compri i corpi e il lavoro. Quando spendi
miliardi, compri anime e coscienze. Questo ragionamento,
valido per i grandi attori, presentatori, star della stampa e
dell'informazione, è validissimo per i giocatori: Zidane
trattato dal Real per 160 miliardi (primato assoluto al
mondo), Buffon acquistato per cento miliardi (primato assoluto
per un portiere), Vieri trattato per cento miliardi, Rui Costa
per 80, non sono lavoratori di beni materiali, sono simboli:
chi li compra, compra un lievito della passione popolare. I
tifosi seguono lo scontro delle centinaia di miliardi, e ci
vedono già la conclusione delle battaglie che si scateneranno
con il campionato: i tifosi delle squadre che spendono di più
pretenderanno di più, esattamente come i loro padroni, e se
resteranno delusi saranno più facili alla violenza. Cento
miliardi spesi oggi saranno cento seggioline che voleranno
dagli spalti.
Si parla sempre di moralizzare il calcio,
depurarlo dalla violenza:
ma anche le valanghe di miliardi
sono violenza, schiacciano la nostra vita quotidiana,
immiseriscono il nostro lavoro e la nostra famiglia, ci
costringono a proiettarci nella grande vita dei grandi
campioni per godere dei loro trionfi illudendoci che siano i
nostri. Questa illusione è il valium che rende tollerabile la
frustazione, il travettismo, la condizione di mediocri
impiegati mal pagati: sulla nostra vita buia splendono le
stelle centimiliardarie dei grandi campioni. Se ci rendessimo
conto che più quelle stelle hanno luce, più noi siamo nel
buio, la nostra vita sarebbe più triste. Perciò la stampa
sportiva non lo dice mai. E quando qualcuno lo dice (come
stavolta questo articolo) sbaglia.
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