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Ferdinando
Camon
L'incubo
di Novi s'è piantato
come un seme fecondo nel cervello dei figli,
in dodici giorni è sbocciato, è cresciuto e
adesso sta dando i suoi frutti. I matricidi si
moltiplicano. Sto alle accuse, avvertendo che
non sono ancora sentenze. Dopo quello di Novi
Ligure (riuscito e ormai noto in tutto il
mondo), un altro a Ghemme di Novara (fallito)
e un terzo a Caslino d'Erba (Como), riuscito.
Che siano matricidi compiuti sotto la
suggestione della triste impresa di Erika e
Omar, è un pensiero che s'installa come un
verme maligno nel cervello di noi tutti, e lo
rode. Sempre figli soli contro la madre sola.
Sempre coltelli. Sempre inseguimenti per le
stanze, sgozzamenti, e (a Como) tentativi di
annegamento, e altre coincidenze che non dico,
perché vorrei che passassimo subito dai fatti
a quel che i fatti dicono. Se le indagini
dovessero smentire domani quel che sembra
certo oggi, sarà meglio per tutti. La figura
in pericolo di accoltellamento nelle famiglie
è la madre, dunque è sulla madre che i figli
con problemi scaricano le accuse di tutto, i
bisogni di giustizia e di vendetta. La madre "angelo
del focolare" è diventata la madre "demonio
della casa". La casa dove non si
rispettava l'angelo era una casa profanata. La
battuta: "Ce l'hai tu la mamma? E allora
dimmi, cosa vuoi di più?" ha ceduto il
posto a un dialoghetto del tipo: "Ho
problemi di droga, di lavoro, di sesso, di
soldi", "Hai mai pensato di
ammazzare tua madre?".
"La madre", si noti, e non
"i genitori". Non risulta che a
Novi lo sterminio dovesse coinvolgere, almeno
nella premeditazione, anche il padre. E' la
madre, coniugata o separata o vedova, il vero
grosso ostacolo per la liberazione del figlio.
All'interno della coppia, la madre è sempre
stata l'elemento più legato ai figli, viveva
e vive per i figli, in strettissimo contatto.
Nella fase del controllo e della guida, è la
madre che sa di più, che segue di più.
Abbiamo lanciato da questo giornale l'idea che
non esista il problema dei "genitori che
non ascoltano i figli", ma semmai il
problema opposto: dei "figli che non
vogliono comunicare", vogliono vivere per
conto proprio, svincolati e liberi, e se
proprio son costretti a entrare in
comunicazione, allora lanciano messaggi falsi
o muti.
La fungaia di matricidi che spunta adesso
è la prova di questa tesi: se la madre è
la figura genitoriale che segue di più, che
ascolta di più, è proprio lei la figura che
va tolta di mezzo. Sulla strada della
non-comunicazione e del non-rapporto, la
soppressione dell'interlocutore più
affettuoso e premuroso è l'estremo passo,
quello decisivo.
Le indagini a Novi, Novara e Como
proseguono tra inevitabili difficoltà: a Novi
avevano sempre negato la droga, adesso la
droga salta fuori pubblicamente, e sarebbe un
micidiale cocktail di coca più acido, che
spiegherebbe molte cose e sostituirebbe
efficacemente l'ipotesi della "follia
fredda" a cui si son fermate le indagini.
Ma droga o follia che sia, si tratta sempre di
una furia accumulata fuori che viene importata
in casa e scaricata lì, sull'elemento più
facile e più debole. La famiglia di questo
tipo è come una bomba, carica di esplosivo,
che per qualche ragione vien fatta deflagrare.
Come tutti sanno, l'esplosione si sfoga
tutta dalla parte più debole, più
disposta al cedimento: nella famiglia questa
parte è la madre, e i figli lo sanno da
sempre, fin da neonati. Erika riceveva (se
quel che sappiamo ora resterà vero)
attenzione, denaro, libertà, anche se non
fino al limite che lei voleva.
A Como questo ragazzo di trent'anni aveva
ricevuto studi, fino alla laurea. A Novara la
povera madre lavorava nelle pulizie, e dava
alla figlia tutto quel che poteva, eppure
sembra che lo scontro sia scoppiato per una
questione di soldi (alle 2,30 di notte).
Finora si son cercate le colpe nei padri,
nel loro "dare", che sarebbe
poco, senza affetto, senza attenzione, senza
comprensione. Non si è trovato molto. Sarebbe
meglio guardare dall'altra parte, ai figli, al
loro "pretendere" e "restituire".
Forse si troverebbe molto di più.
Ferdinando Camon
(semper@tin.it)
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