RAI |
Un altolà alla RAI di Mieli |
di
Antonio Socci,
Avrei mille motivi personali, anche di convenienza, per gioire della soluzione adottata per la Rai. Voglio invece dar voce a una forte preoccupazione di interesse generale e – se mi si passa il termine – a un altolà. Avrei mille motivi di esultanza, dicevo, e vorrei enunciarli. Innanzitutto Paolo Mieli è un amico vero, una persona a cui devo molto, sul piano umano, professionale e culturale. Un grande intellettuale in senso gramsciano (come organizzatore di cultura). Uno dei pochi nell’area di centrosinistra ad aver coraggiosamente predicato e praticato il rispetto reciproco e il dialogo civile, ad aver condannato la demonizzazione dell’avversario, vizio profondo della sinistra. Uno dei pochissimi ad aver veramente fatto i conti, fino in fondo, con l’orrore del comunismo e ad aver contestato tutti i vecchi tic ideologici della Sinistra (dall’antiamericanismo all’antiberlusconismo). Infine uno dei rari laici ad avere non solo rispetto vero per i cristiani, ma vivo interesse intellettuale ed umano per la Chiesa. Non nascondo di avere io stesso, da tempo, personalmente caldeggiato questa nomina di Mieli. Peraltro tale scelta evidenzia una sensibilità liberale e un senso delle istituzioni da parte della Casa delle libertà che al centrosinistra sono totalmente mancati. Quando vinse l’Ulivo stravolsero il servizio pubblico trasformandolo in una fabbrica di demonizzatori scatenati contro l’opposizione. Ma c’è un problema. Intanto i nomi del consiglio di amministrazione Rai dovevano essere scelti in totale autonomia dai presidenti delle Camere. Mentre la nomina di Mieli è stata esplicitamente proposta da una parte politica, l’Ulivo, e addirittura da costoro viene rivendicata come merito. Non salvano nemmeno la forma e le apparenze.
Fassino ha dichiarato all’Unità: “La rosa indicata ai presidenti delle
Camere era il risultato della consultazione che Rutelli ha condotto con i
segretari di tutti i partiti dell’Ulivo”. Se si fosse trattato di un altro nome
e di un’altra parte politica sui giornali si sarebbero levate decine di voci
scandalizzate per “l’inammissibile ingerenza dei partiti” e per la “sudditanza
dei presidenti delle Camere al diktat partitico”. In questo caso nulla di nulla.
Che strano fenomeno. Sul Corriere della sera – giornale che sta sempre
col ditino alzato in difesa delle “sacre regole” – ieri si sono sperticati in
elogi, santificando l’operazione. Ma cosa avrebbero scritto se il nome fosse
stato un altro e se a indicarlo fosse stato un vertice della Casa delle libertà?
Basta
andare a vedere cosa hanno scritto pochi giorni fa dopo il vertice del
centrodestra a Palazzo Grazioli. Evidentemente per il Corriere della sera,
Repubblica, l’Unità eccetera la lottizzazione partitica e
l’ingerenza sono un obbrobrio solo quando vengono praticati dal centrodestra.
Non è – caro Paolo – un inaudito caso di doppiopesismo di quelli che tu sei
abituato a criticare? Ma c’è un altro problema, ancor più grave. Mieli ha esplicitamente dichiarato che accetta la nomina a presidente “con riserva” intendendo determinare lui – dicono i giornali - la scelta del nuovo direttore generale. Inoltre pretende “il ritorno in prima serata di Biagi e Santoro”. Il Corriere ci informa che sono “condizioni poste da Mieli e accettate”. Chiedo: accettate da chi? I presidenti delle Camere non hanno nessun titolo per accettare condizioni simili. In secondo luogo quella di Mieli sembra essere una pretesa del tutto fuori dalla normativa vigente. Le regole infatti parlano chiaro: al presidente spetta solo (ripeto: solo) convocare il consiglio e fare l’ordine del giorno, dopodiché il suo è semplicemente un voto, equivalente a quello degli altri quattro consiglieri. Accettare le condizioni di Mieli, dunque, significherebbe esautorare gli altri consiglieri, il direttore generale e addirittura il governo. Infatti la
nomina del direttore generale spetta all’azionista di “Rai Holding”, il Tesoro,
d’intesa con il consiglio. E’ questo l’unico passaggio in cui entra in scena il
governo. La legge parla chiaro. La “condizione” che Mieli pone per la sua
accettazione mi pare prefigurare una sorta di commissariamento della Rai. Ma
cosa facciamo delle regole vigenti? Questo problema non può sfuggire a un uomo
che sul suo Corriere della sera ha sempre fatto del rispetto delle norme
una bandiera. E poi la Rai ha bisogno di un direttore generale che conosce
l’azienda e garantisce competenza e non di uno che sia solo un fido esecutore
del presidente. E’ decisivo.
Nobile e
lungimirante è invece offrire loro la presidenza. Mieli, che da tempo predica la
necessità di uscire dalla guerra civile permanente, è la persona giusta al posto
giusto se – nel rispetto delle prerogative di ciascuno – aiuterà definitivamente
la tv pubblica a togliersi l’elmetto delle fazioni contrapposte e a fornire
un’informazione pluralista, ma non militante, fuori dalla mischia e senza
forche. Se insomma aiuterà la pacificazione nazionale auspicata dal presidente
Ciampi.
Resta da
capire perché Mieli ha posto condizioni irricevibili. Per farsi dire un no e
quindi andarsene sbattendo la porta? In questo caso avrebbe messo in preventivo
di assestare un duro colpo d’immagine alla tv pubblica. Un colpo che la Rai non
merita e che danneggia tutti, essendo essa un patrimonio pubblico. Non si fanno
simili esperimenti sulla pelle di un’importante azienda. Un post
scriptum. Qualche amico ieri mi ha detto: sei pazzo a scrivere queste cose, ma
chi te lo fa fare? Con Mieli alla Rai sei blindato, per te è una marcia
trionfale. Egli è stato – per dire – l’ospite più assiduo di Excalibur (e lo
ringrazio, anche per gli ottimi consigli che mi ha dato). Da noi ha addirittura
anticipato il suo programma come presidente Rai. Oltretutto – ammoniscono i
colleghi – è un uomo potente (lo dimostra l’applauso corale di tutti i
giornali). Rispondo francamente che me ne infischio. Gli amici veri (e io mi
ritengo tale per Mieli) e gli uomini liberi dicono ciò che pensano. Spero che
egli resti presidente a lungo, ma spero che resti libera anche la Rai e non può
essere un calcolo di convenienza a indurmi al silenzio. |
RAI:
«Un altolà alla RAI di Mieli», di Antonio Socci, Il Giornale 9.3.2003