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La nascita del
nuovo consiglio di amministrazione della Rai è uno di quei rari eventi che
invita a non disperare mai della saggezza degli uomini, delle vie infinite della
politica e perfino dell'intelligenza politica dell'Ulivo. Agli scettici vorremmo
ricordare che una decina di giorni fa il vertice della Rai era composto da
Baldapapà e da Albertoni. Oggi è presieduto da Paolo Mieli ed è composto da
Giorgio Rumi, Marcello Veneziani, Angelo Maria Petroni e Francesco Alberoni. Se
uno giudica le cose del mondo, da buon riformista, in base alle categorie del
meglio e del peggio, questo è meglio. Infinitamente meglio. E non solo per la
qualità degli uomini. Innanzitutto i presidenti Pera e Casini, con l'ausilio e il sostegno del Quirinale, hanno stabilito un principio non da poco nell'Italia del conflitto di interessi: hanno tolto a Berlusconi il potere di veto sulla Rai. Di più: hanno lasciato scegliere all'opposizione una rosa di nomi per la presidenza che davano garanzia di imparzialità. E hanno scelto quattro persone per il consiglio che, pur appartenendo all'area culturale del centrodestra, non sono certo dei portaborse. In secondo luogo Pera e Casini hanno realizzato - utilizzando i poteri che la legge dava loro - quella che Gaetano Quagliariello ha definito ieri sul Messaggero «la prima riforma istituzionale». E cioè hanno escogitato un meccanismo di garanzia bipartisan per la più delicata delle anomalie italiane: il sistema informativo pubblico. Niente può essere dato per scontato, la lottizzazione non è certo morta, e la Rai andrà prima o poi privatizzata se la si vuole davvero sottrarre all'imperio della politica. Ma, nel frattempo e per la prima volta, si è scelto un modello Bbc: l'unico che può essere coesistere col bipolarismo politico. Last but not
least, insieme ai giapponesi hanno perso anche i cinesi. Intendendo per cinesi
tutti coloro che sono stati privati di un girotondo, che avrebbero preferito
poter continuare a urlare contro il conflitto di interessi invece di diminuirne
la portata, che tanto peggio è tanto meglio, che con il nemico non si tratta
neanche se è nell'interesse del paese. Questo piccolo successo riformista
dell'Ulivo si deve a Rutelli, a Fassino che ha saputo resistere ai cinesi, e -
udite udite - a Bertinotti. A far politica, qualche volta si può anche vincere.
Speriamo che se lo ricordino alla prossima occasione. |
RAI:
«RAI. A casa i giapponesi sconfitti i cinesi», Il Riformista 8.3.2003