Povertà

«La corte dei miracoli» 
 

di Rino Cammilleri


Ci avrete fatto caso: non c'è chiesa davanti alla quale non stazionino uno o più mendicanti. Talvolta, una lunga teoria di essi si disloca nei punti strategici dove la gente dovrà obbligatoriamente passare per arrivare alle funzioni principali.

Conoscono il calendario liturgico meglio dei fedeli, e riuscirebbero degli ottimi sacristi se avessero voglia di lavorare.

Giudizio eccessivo, il mio? Può darsi, ma leggo i giornali e ascolto il grido di dolore che continuamente si leva dalle fabbriche del Nordest, sempre a corto di maestranze e costrette, poverine, a chiedere contingenti di immigrati, che facciano "quel che gli italiani non vogliono più fare". Poi, in altra pagina degli stessi giornali, ci sì affligge con le statistiche della disoccupazione degli italiani, specialmente meridionali. E uno pensa: ben sta loro, visto che preferiscono la disoccupazione al lavoro in fabbrica. Invece, gratta graffa, esce che sono i fitti delle case a creare problema.

Calcolando in vecchie lire (a proposito, a quando un sondaggio per sapere quanti sono gli italiani - e magari gli europei - contenti dell'introduzione dell'euro?), a fronte di un salario di un milione e sei, uno che si trasferisse nel Nordest dovrebbe pagarne ottocentomila di affitto. Giustamente, il disoccupato meridionale preferisce restare dov'è.

Ma, allora, l'immigrato? Forse accetta di dividere l'affitto con altri venti, così da rientrarci? Bella domanda, ma non è questo il tema.

Torniamo ai mendicanti, molti dei quali, a un sommario esame visivo, appaiono giovani e robusti, magari capaci di starsene ore ed ore in ginocchio sotto il sole, schiena ben dritta, col classico cartello in mano con su scritto "Ho fame" - Verrebbe da chiedersi: perché non trasferirli a spese pubbliche nelle fabbriche de! Nordest? No, no, sarebbe una deportazione, roba da Stato di polizia. E poi, chissà quante associazioni solidaristiche resterebbero disoccupate (cosa che aggraverebbe quel 9,6% di disoccupazione esistente). Niente, dobbiamo rassegnarci allo zig-zag davanti alle chiese.

E anche, dopo essere riusciti a entrarci in giorno feriale, a sentirci battere sulla spalla mentre siamo immersi in profonda contemplazione davanti al Tabernacolo.

Lo zingaro colpisce ancora. Fate un giro davanti ai templi di altri culti, sia "concordatari" che "ammessi". Nessuno? Già. Esperti in teologia comparata, i mendicanti sanno perfettamente dove andare a piazzarsi. I più non perdono, ormai, neanche il tempo di fare la faccia afflitta ("...siamo familia povera...").

E non solo chiese. Per esempio, provate, se vi riesce, ad entrare nella grande libreria paolina che sta a Milano proprio dietro il Duomo.

Dai due ai quattro africani si aggirano per un raggio di cento metri davanti all'ingresso e nessuno sfugge. Artigliato il braccio dell'avventore (se uno entra in una libreria paolina deve essere, per forza di statistica, cristiano, dunque obbligato alla carità; pardon: solidarietà), il loro metodo è la petulanza insistente fino allo sfinimento, cioè fino a quando non sganci qualcosa pur di liberare il braccio. Ma bada che, se dai poco, non è finita. E il Nordest langue... Certo, si può anche usare il sistema che talvolta io stesso ho usato: un "no!" urlato in faccia, di quelli da far voltare i passanti. Ma se vi siete svegliati bene e la mattina si preannuncia allegra e frizzante, quello è il miglior sistema per farsi un fegato così ed entrare in libreria rabbuiati. E poi c'è da uscire. Sì, perché - fateci caso - per molti africani i bianchi sono tutti uguali, e quasi sicuramente non verrete riconosciuti per quelli dell'urlo di prima. Voi lettori però, a questo punto, direte: sei troppo duro, il tuo è davvero un cattolicesimo ideologico, privo di affiato umano e misericordia. Può darsi che abbiate ragione, ma è proprio così che i migliori sentimenti finiscono uccisi e la durezza di cuore travolge e coinvolge tutti, anche quei pochi che davvero sono nel bisogno.

Ma, in verità, il problema è un altro.

Non siamo più nel Medioevo.

Parecchie rivoluzioni sono state fatte per togliere l'assistenza sociale alla Chiesa e darla allo Stato. E lo Stato, oggi, può benissimo sopperire non ad una ma a milioni di "corti dei miracoli". Esiste ancora l'Eca (Ente Comunale Assistenza)? O è stato dichiarato "ente inutile"? In quest'ultimo caso vuoi dire che il problema è risolto.

Ma, allora, cosa ci fanno tutti questi mendicanti davanti alle chiese? Non basta: talmente lo Stato ("laico", cela va sans dire) era sicuro del fatto suo, quando segò il ramo su cui la Chiesa stava seduta, che emanò severissime leggi contro l'accattonaggio (leggi che, mi si corregga se sbaglio, sono ancora in vigore) proprio per mettere una pietra tombale sull'argomento: lo Stato sfamava ope legis gli indigenti; ergo, chi si faceva trovare col cappello in mano era nient'altro che un profittatore. Ciò, per giunta, accadeva nell'Ottocento, quando lo Stato per lo più millantava.

Oggi lo Stato può, davvero; semmai ha il problema contrario, quello della sovrapproduzione e della conseguente (quod Deus avertatl) deflazione.

Dunque, qualcosa non quadra. Ma vallo a dire ai catto-buonisti...
 

Povertà: «La corte dei miracoli»,  di Rino Cammilleri, Il Timone - n. 22 Novembre/Dicembre 2002

 

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