Povertà |
Vertice
FAO:
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di
Alberto Piatti Abbiamo assistito all’accrescersi del ruolo delle Nazioni Unite soprattutto con una funzione di tipo umanitario. Del resto è vero che il problema della povertà è enorme e tocca le coscienze di tutti. Quattro miliardi di persone vivono in uno stato di grave indigenza. La verità della povertà urta le nostre coscienze: tentare di ridurla a un fatto dominabile è una reazione comprensibile, perché abbiamo rimosso il dolore, la sofferenza, ma anche la carità. Da tante, troppe parti si sta insinuando questa illusione. Questo summit sui bambini, che si sarebbe dovuto svolgere nel settembre 2001, rinviato per i tragici fatti delle Torri Gemelle, ha dato molta enfasi alla partecipazione diretta dei bambini: quando hanno potuto prendere la parola, si sono manifestati in tutta la loro umanità, esprimendo l’esigenza di un significato della realtà e la necessità di un rapporto con gli adulti che li accompagnino nell’avventura della vita. Noi adulti educatori: questa è la grande responsabilità e la grande sfida che abbiamo raccolto, anche attraverso la presenza delle nostre Ong (Avsi e Cesal) con Filippo Ciantia e Agnes Ocitti dall’Uganda, Claudia Terragni e Calin Pop dalla Romania, Javier Gavilanes dalla Spagna, e che ha preso voce nell’intervento di Ezio Castelli al panel “Improving educational quality” sulla qualità dell’educazione, con la partecipazione di grandi organizzazioni internazionali quali Unicef, Save the Children, e dell’attrice Mia Farrow come testimonial. Sentire risuonare le parole di Giussani, citato più volte da Ezio Castelli, nelle austere sale del Palazzo di Vetro, ci ha dato una certa emozione, anche perché l’intervento ha raccontato le esperienze concrete in atto che dalla nostra storia sono nate. Ha parlato del lavoro che Avsi svolge con circa 50.000 bambini e ragazzi nel mondo. In Messico come in Brasile, in Romania come in Uganda, i ragazzini in situazioni di difficoltà e di abbandono hanno bisogno di scoprire il senso della propria vita per poterla affrontare e migliorare. «Quasi un bambino su 5 non va a scuola; tra quelli che vanno a scuola, 4 su 5 non riusciranno a completare la quinta classe», ha detto Annan. Abbiamo ribadito che non si può parlare dei bambini “categorizzandoli” per mali e disagi sociali: bambini soldato, bambini sfruttati sul lavoro, bambini vittime dello sfruttamento sessuale, bambini malati, bambini affamati, bambini di strada, bambini in stato di abbandono... Questo è importante e giusto, ma purtroppo drammaticamente parziale. Per guardare un bambino in modo non parziale bisogna guardarlo come una persona e quindi come un essere unico e irripetibile, con i suoi legami fondamentali, in primo luogo la famiglia, quindi irriducibile a qualsiasi potere, a qualsiasi schema anche se prodotto da un’autorevole organizzazione internazionale. È evidente in Messico, a Oaxaca, dove con un accompagnamento costante dei ragazzi al significato dello studio si riduce l’abbandono scolastico. È evidente in Albania, dove il regime ha sospeso la scuola che forma insegnanti e Avsi ha coinvolto 200 educatori in corsi di formazione ridando loro una dignità professionale e una passione a sé e ai ragazzi. Dimenticando la persona, le “buone azioni” come la remissione del debito, l’aumento dei fondi per lo sviluppo, gli obiettivi di sradicamento della povertà, l’istituzione dei fondi globali, rischiano di andare incontro a grandi fallimenti. Ciò a cui ci educa il nostro carisma ha un valore universale e noi siamo chiamati a portarlo in tutto il mondo. In questa nuova terra di missione è più che mai urgente dare battaglia per la libertà di educazione e la sussidiarietà, che sottendono il rispetto della persona e la valorizzazione dei suoi talenti. |
di Alberto Piatti
6 Giugno 2002