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270. L'ADDIO A SANDRO BOLCHI.
L'uomo che ci faceva restare svegli
In un'epoca
dominata dalla velocità, l'oblio si mangia tutto... Quando il rigore
sa tradursi in arte, si riesce ad arrivare a tutti, anche a dei bambini che
poi avrebbero amato per sempre la parola scritta, fissandosi nel cuore i
personaggi di Bolchi, assunti come paradigmi dell'eroe letterario.
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Mina
Sarà l'estate che travolge
tutto. Anche l'eleganza, la riconoscenza, la gratitudine. In una parola, la
memoria. In un'epoca dominata dalla velocità, l'oblio si mangia tutto.
L'overdose di lavoro, quello cattedratico si intende, quello che impegna a
occupare cariche e seggiole, ha impedito agli attuali vertici della RAI di
trovare il tempo per arrivare fino a piazza del Popolo, dove si svolgevano i
funerali di Sandro Bolchi. O forse bisognava aspettare la nomina del nuovo
direttore generale o lo scongelamento del CdA per decidere chi dovesse
presenziare alle esequie? A salvaguardare la dignità del momento c'erano
alcuni della “vecchia guardia”, anonimi ma benedetti operai e tecnici delle
antiche troupes televisive.
Bolchi è stato dimenticato perché oggi conta di più decidere se in autunno i
pacchi, orfani di Bonolis, li aprirà Fazio o Teocoli. Grande questione. È
stato dimenticato perché la sua televisione, e anche la sua Italia, non
esiste più.
Conosco ex-bambini degli anni '60 che godevano di una deroga alla ferrea
norma del “dopo Carosello, tutti a letto”. Era Bolchi, con i suoi
sceneggiati, che consentiva loro di stare alzati e di cominciare a vivere la
magia, entrare nell'incanto della letteratura. Gli occhi si aprivano,
letteralmente, a gustare l'infinita varietà dell'enciclopedia dei maggiori
testi e la mente si appassionava agli amori di Anna Karenina, ai turbamenti
di Lucia, agli intrighi dei Karamazov. Quando il rigore, senza ricorrere
alle scorciatoie stilistiche, sa tradursi in arte, si riesce ad arrivare a
tutti, anche a dei bambini che poi avrebbero amato per sempre la parola
scritta, fissandosi nel cuore i personaggi di Bolchi, assunti come paradigmi
dell'eroe letterario.
Troppo facile e impietoso il paragone con l'oggi. Certo è che la lezione di
forma, di stile l'abbiamo del tutto persa per strada. Era una Italietta più
piccola, più ingenua, più rusticana, ma più amabile, più rispettosa. Da là
uno scivolone lungo anni, lungo secoli, un toboga su cui si è mischiato
tutto, in cui non si capisce più chi fa cosa. Il dilettantismo
pressapochistico regna sovrano e noi, sui nostri divanetti, alé, tutti
contenti.
Sì, facciamo pure finta che adesso siamo più liberi e, addirittura, che ci
divertiamo di più con le rivombrose et similia, ma è meglio non dimenticare
che noi siamo stati quella gente. Sorridiamone pure, ma con un grande senso
di fierezza e di ricchezza che nessuno può più toglierci. Grazie, Sandro
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