Mina

259. POLEMICA A MILANO

Se l'arte è una corsa a chi stupisce di più
 

 

Mina


ERAVAMO lì, belli seri e tranquilli, a pensare a facezie. Lasciandoci andare a poche parole, investiti come siamo da tsunami di insegnamenti e verità. Distratti soltanto dall'elegantissimo dibattito parlamentare e da una battutina poco regale, seppure papale, sull'imperdonabile difetto italiano della mancanza di puntualità. Quand'ecco affiorare l'essenziale tema di che cosa sia arte o banalità. Dal 6 maggio, davanti alla Triennale, a Milano, un ricciolo nero d'una decina di metri, in tondino di ferro, si alzerà da un pube femminile realizzato dallo scultore Silla Ferradini. E non ve ne risparmio il titolo: «Grande ricciolo di donna ... ti mangerei di baci». E il pubone già scatena i colti e stuzzica i buzzurri. Stuzzicata, appunto, ci rifletto. Il primo pensiero ad una ipotesi. Se Picasso avesse affrescato una grande muraglia o dipinto una tela con un quintessenziale «W el coño», avrebbe provocato la stessa gazzarra? Inchini di moralisti, omaggi dei colleghi, sbalordire di critici, lotte intestine e rettali di assessori per accaparrarsi la possibilità di sovvenzione con relativo rilievo politico. Tutto giusto. Ma Picasso è, per ora, morto. Qualche ricercatore di espressione, di idee, di modi, di simbologie si muove nel mondo cosiddetto artistico e affannosamente prova a farsi identificare. Alcuni «a titolo» e molti senza pudore, oltre che senza patente, si riversano nella battaglia intellettuale del giudizio. A proposito del fatto che il pubone o i bambini impiccati di Cattelan siano, alla fine, di destra o di sinistra o di dritto. La giunta deve pronunciarsi sul quesito profondo dell'opportunità di farsi promotrice dell'esposizione, sponsor economico dell'operazione e esecutrice di tanti altri difficilissimi compiti. Mi piacerebbe fossero pubblicate e offerte a noi, famosissimo target da assecondare e guidare, le discussioni che porteranno alla scelta definitiva. Chissà se il pubone, a differenza del suddetto olio su tela di Picasso, che arte è con certezza, è vicino alla Casa delle Libertà o all'Unione. Va bene che si può sempre approfittare del confondente revisionismo in futuri prossimi o lontani. Ma la decisione deve essere presa al più presto. Compensare, contrastare, sbeffeggiare, battere i bambini impiccati dell'anno scorso diventa operazione urgente. Spero soltanto che gli autori delle opere in questione non siano interessati al cromatismo degli appoggi e delle detrazioni. Altrimenti la sentenza è obbligatoria e definitiva. Per me. Non ho alcuna speranza di conoscere il significato di arte e, soprattutto, di frequentarla.
 

 

Secondo me: «259. POLEMICA A MILANO Se l'arte è una corsa a chi stupisce di più» - di Mina, La Stampa, Sabato 30 Aprile 2005
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