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Mina
Benvenuto nella leggenda, biondino!. In una deliziosissima vignetta così
Tazio Nuvolari "da lassù" si rivolgeva a Valentino, vincitore del mondiale
2004. Gli immortali si riconoscono e solo tra loro si possono comprendere
compiutamente. A noi tocca, fortunatamente, di rimanere a bocca aperta e
basta. Sfido chiunque dei terrestri a spiegare interamente la bellezza della
sua ultima curva a Jerez de la Frontera. Anche un addetto ai lavori, un
campione come Sete Gibernau, ancora si sta chiedendo perché sia avvenuto il
sorpasso. E non lo scoprirà. Potrà magari vincere il mondiale, ma non saprà
avvicinare la poesia del coraggio, della freddezza, della giovinezza,
dell'allegria, della speranza, composta da Vale in quella decisione di
buttarsi all'interno in una geometria inesistente, più fantastica che reale,
per disegnare una traiettoria che si può trovare soltanto nei libri di
fisica di Harry Potter.
La leggenda sta tutta lì. Più che dell'incredibile si tratta
dell'impensabile che si materializza. E per il leggendario, cui sono state
rivolte al proposito domandine minuscole con relativi rimbrottini e
polemichine, c'è stato bisogno di ridere e di sorridere nell'intento di
dimostrare felicità per la vittoria e divertimento per il lavoro che fa e
per il modo in cui lo fa.
Irridente come Cirano, impietoso come Monzón, bello come un putto del '500,
giovane più della sua età, più simpatico di Jerry Lewis, insomma, più figo
del noiosissimo Brad Pitt, ci allieta le domeniche con attesissime delizie e
inattese arti. Se ci fidiamo di lui, è pronto a stupirci. Se ci allarmiamo,
ci tranquillizza. A chi lo rincorre e anche a chi lo supera spetta solo il
tormento, a Vale, invece, sempre l'estasi.
Domenica si è rappresentato solo il primo atto di quella che si preannuncia
una stagione all'insegna dei punti esclamativi. E la sua faccina da folletto
dei boschi nordici tornerà a fare capolino tra le onde catodiche che a
quell'ora del pomeriggio non sanno diffondere altro che qualche supposto
belloccio con il talento di un posacenere o tifoserie accanite che
starebbero meglio nella Beozia profonda. Riguardarselo ad ogni curva, ad
ogni inclinazione della moto, sarà come riprendere confidenza con quella
naturalezza che si va perdendo nel travisamento mortale che oggi è espresso
dalla corsa alla rappresentazione di se stessi a tutti i costi.
Verranno forse anche i momenti in cui i detrattori, sempre in agguato,
troveranno un pelo e, aggrappandosi ad esso, cederanno alla tentazione
dell'iconoclastia. Ad essi, fin da ora, il mio totale sprezzo.
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