Mina

257. Rossi nella leggenda:

A BOCCA APERTA DAVANTI A VALE

 

 

Mina


Benvenuto nella leggenda, biondino!. In una deliziosissima vignetta così Tazio Nuvolari "da lassù" si rivolgeva a Valentino, vincitore del mondiale 2004. Gli immortali si riconoscono e solo tra loro si possono comprendere compiutamente. A noi tocca, fortunatamente, di rimanere a bocca aperta e basta. Sfido chiunque dei terrestri a spiegare interamente la bellezza della sua ultima curva a Jerez de la Frontera. Anche un addetto ai lavori, un campione come Sete Gibernau, ancora si sta chiedendo perché sia avvenuto il sorpasso. E non lo scoprirà. Potrà magari vincere il mondiale, ma non saprà avvicinare la poesia del coraggio, della freddezza, della giovinezza, dell'allegria, della speranza, composta da Vale in quella decisione di buttarsi all'interno in una geometria inesistente, più fantastica che reale, per disegnare una traiettoria che si può trovare soltanto nei libri di fisica di Harry Potter.

La leggenda sta tutta lì. Più che dell'incredibile si tratta dell'impensabile che si materializza. E per il leggendario, cui sono state rivolte al proposito domandine minuscole con relativi rimbrottini e polemichine, c'è stato bisogno di ridere e di sorridere nell'intento di dimostrare felicità per la vittoria e divertimento per il lavoro che fa e per il modo in cui lo fa.
Irridente come Cirano, impietoso come Monzón, bello come un putto del '500, giovane più della sua età, più simpatico di Jerry Lewis, insomma, più figo del noiosissimo Brad Pitt, ci allieta le domeniche con attesissime delizie e inattese arti. Se ci fidiamo di lui, è pronto a stupirci. Se ci allarmiamo, ci tranquillizza. A chi lo rincorre e anche a chi lo supera spetta solo il tormento, a Vale, invece, sempre l'estasi.

Domenica si è rappresentato solo il primo atto di quella che si preannuncia una stagione all'insegna dei punti esclamativi. E la sua faccina da folletto dei boschi nordici tornerà a fare capolino tra le onde catodiche che a quell'ora del pomeriggio non sanno diffondere altro che qualche supposto belloccio con il talento di un posacenere o tifoserie accanite che starebbero meglio nella Beozia profonda. Riguardarselo ad ogni curva, ad ogni inclinazione della moto, sarà come riprendere confidenza con quella naturalezza che si va perdendo nel travisamento mortale che oggi è espresso dalla corsa alla rappresentazione di se stessi a tutti i costi.

Verranno forse anche i momenti in cui i detrattori, sempre in agguato, troveranno un pelo e, aggrappandosi ad esso, cederanno alla tentazione dell'iconoclastia. Ad essi, fin da ora, il mio totale sprezzo.
 

 

Secondo me: «257. Rossi nella leggenda: A BOCCA APERTA DAVANTI A VALE» - di Mina, La Stampa, Sabato 16 Aprile 2005
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