Mina

239. Nascosti dietro un video:

L’AMORE ONLINE NON HA SAPORE
 

La comunicazione informatica è l’ultima trovata per la fabbricazione dell’ambiguità, mentre la costruzione di un amore è un lavoro di precisione che necessita di tesi e antitesi assolutamente palesi. Non si può vivere fuori dalla realtà.
 

 

Mina


L’ultimo parto della fantasia ad occhi a mandorla è una sottospecie di romanzo che sta sbancando le classifiche di vendita del Sol Levante.

Tutto comincia nel marzo scorso, quando un ragazzo giapponese confessa in un sito Internet di chat e messaggi di essersi innamorato di una ragazza seduta al suo fianco, una sera in treno, e da lui protetta da un ubriaco. Lei, come segno di gratitudine, gli manda un set di tazze da tè. E lui comincia a agitarsi nel dubbio se contattarla o no. “Vorrei invitarla a uscire con me, ma non so come fare. Sono un autorecluso in casa, senza esperienze di ragazze. Aiutatemi”. Come un message in a bottle e affidato alle onde della rete, il suo Sos scatena una valanga di messaggi. Mentre anonimi internauti dispensano consigli, il protagonista ci aggiorna sugli sviluppi della sua love story. E le 364 pagine di questa moderna forma di epistolografia si trasformano in un romanzo che, in meno di un mese, vende 415.000 copie.

Dalle nostre parti, ammesso che esista ancora l’Occidente, ci eravamo fermati a Paolo di Tarso, a Seneca, all’Eloisa di Rousseau, al Werther di Goethe, alle “Liaisons dangereuses” di Laclos, all’Ortis di Foscolo, alla “Lettera al padre” di Kafka. Anche se poi, a ben guardare, pure da noi diari pseudoamorosi, penosamente scritti da adolescenti in vena di confessioni, hanno avuto il loro immeritato successo.

Sempre da noi, c’era una volta il confessionale. Quello con la grata, quello dove si riversavano pensieri e azioni altrove inconfessabili. Ora ci sono altre forme di comunicazione, anonime e virtuali, dove regna il coraggio perduto. Se non ti vedo, ti posso dire, forse, la verità. Se non ti vedo, sei un altro me stesso su cui rovesciare le mie grane.

Da una parte la paura di guardarsi dentro in silenzio e privatamente giudicarsi. Dall’altra, lo sgomento di ricevere uno sguardo, benevolo o accusatorio che sia, da mettere in relazione ad una parola detta o ad un gesto compiuto.

Forse è finito il coraggio di guardare negli occhi un uomo che prova disperazione e doverlo aiutare con le mani, con parole, con lacrime di compassione e partecipazione. Si preferisce intuire gioia e dolore nel mondo del messaggio mediato da un display, che non può rivelare il rosso della vergogna, l’impallidire improvviso dello smascherato, la lacrima vera della commozione, lo sbadiglio dell’annoiato o l’imbarazzo dell’intimidito. La comunicazione informatica è l’ultima trovata per la fabbricazione dell’ambiguità, mentre la costruzione di un amore è un lavoro di precisione che necessita di tesi e antitesi assolutamente palesi.

Non si può vivere fuori dalla realtà. Il dolore, come l’amore, ha odore, sapore, rumore, consistenza. Ma, per carità, anche questo è un modo. Un modo da rispettare, come tutto quello che non condividiamo o che è diverso da noi.
 

 

Secondo me: «239. Nascosti dietro un video: L’AMORE ONLINE NON HA SAPORE» - di Mina, La Stampa, Domenica 28  Novembre 2004
http://www.minamazzini.com/

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