Mina

236. Reality su un cadavere:

 RISPETTIAMO LA VITA ANCHE DI UN MORTO
 

 

Mina


Quando si dice la funzione educativa della televisione ... L'inglese Channel 4 trasmetterà un reality dedicato alla decomposizione di un corpo umano. Evviva.

Lo spunto: una ricerca scientifica riguardante un fenomeno già ampiamente studiato negli Stati Uniti che però potrebbe avere in Inghilterra caratteristiche differenti per diverse condizioni ambientali. Una deliziosa inutilità.

L'aggancio mediatico: secondo Kevin Lygo, direttore della programmazione e Simon Andreae, direttore dei programmi scientifici ed educativi, lo show avrebbe la sua utilità non soltanto dal punto di vista scientifico, ma anche da quello culturale. Culturale? Evidentemente per questa coppia di "poeti" è insufficiente quello che nei secoli hanno provato a insegnarci filosofie e religioni. Forse pensano che una telecamera riveli l'attimo in cui l'anima esala e confidano nella suggestione di chi per caso non la vedesse. Spremendosi moltissimo le meningi, affermano: "La morte è qualcosa con cui tutti avremo a che fare, nonostante ciò nel ventunesimo secolo viene nascosta e tenuta lontana da noi più che mai. Questo progetto vuole smitizzare la morte ed i processi naturali che ne conseguono". Una insopportabile cazzata.

La quotidiana dose televisiva di malattie, cure e morti di diversa tipologia evidentemente non basta a confonderci e a provocarci aneliti di sopravvivenza ad ogni costo. Allora  si affonda il colpo della consolazione per essere vivi, facendoci gustare agonie e relativi inevitabili epiloghi dopo malattie incurabili. Ma neppure questi sforzi sono sufficienti per cancellare intelligenze e sentimenti. Il nuovo tentativo drogante si basa sull'ipotetica morbosità evocata dal processo biologico che segue la fine di una vita.

Ma la morte non è la decomposizione dei tessuti. La morte è la nostra debolezza, la nostra vigliaccheria, la nostra insipienza, il nostro dolore obbligatorio. Cercare di banalizzarla, come si prova a fare con la vita, provocherà lo stesso fallimento dei "Grandi Fratelli" cui si può dedicare curiosità metaforistica, ma in nessun caso valore pedagogico. Channel 4 non ha ancora trovato l'attore morto. Abbiamo un po' di tempo per organizzare il boicottaggio.

Ma abbiamo una speranza. La televisione si spegnerà. Non per il nostro telecomando, non per la sua stupidità, non per la sua irriverenza. Per la sua superbia. La follia di programmatori giustificati insensatamente da indagini di mercato non muterà la fortunata disuguaglianza di chi compone il target. Qualunque cosa la televisione ci faccia vedere soddisfa o delude o anestetizza solo due dei nostri sensi: la vista e l'udito. Il tatto lo usiamo da soli per toccare la pelle delicata di un bambino, il gusto per assaggiare gli agnolotti della zia, l'olfatto per una rosa. Mai per sentire l'odore della putrefazione.
 

 

Secondo me: «236. Reality su un cadavere:  RISPETTIAMO LA VITA ANCHE DI UN MORTO» - di Mina, La Stampa, Sabato 6 Novembre  2004
http://www.minamazzini.com/

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