Mina

230. Risparmi forzati:

IL RAGIONIER GIUSTINI E IL CARO EURO
 

 

Mina


Il ragionier Giustini sta tornando dal paesino dove è nato. È andato dalla sartina, la signora Candida, la stessa che gli allungava i pantaloncini quando cominciava a crescere. Veramente era sua madre che se ne occupava; lui, però, doveva andare a provarli. Sì, andavano bene. Come andavano bene i due vestiti, uno blu e uno spezzato che aveva appena fatto stringere. La signora Candida era stata cortese e premurosa e aveva accettato di fare quel lavoretto, anche se era ormai da tanto tempo che non cuciva più. Ma per il figlio della Rosa aveva fatto volentieri uno strappo. E uno strappo l'aveva fatto anche al momento del pagamento del conto. Aveva capito tutto e si era fatta dare quel minimo che aveva calcolato non avrebbe imbarazzato il ragionier Giustini e non l'avrebbe messo nella condizione di profondersi in ringraziamenti. Certe donne del popolo  hanno una grazia che non si impara.

Gli alberi erano gli stessi di quando era piccolo, mentre la corriera sembrava andarsene da un luogo baciato da Dio. Come era stato felice da piccolo! Si considerava un privilegiato per la sua infanzia soave, amorosa, dolce. Quando un tramonto, un fiore, un panino col prosciutto, un tappo di bottiglia, vinto giocando a sperlenghini, lo facevano sorridere. Quando non conosceva neppure l'esistenza del denaro.

Adesso i soldi sembravano restringersi nelle tasche del ragionier Giustini, sembravano diventare piccoli come quelli del Monopoli. E lui, pur facendo i conti per bene, non se la cavava con quel benedetto euro. La puntigliosità che aveva sempre espresso nel suo lavoro di diligente ragioniere l'aveva applicata anche alla gestione delle sue spese ordinarie, già parche di natura. Aveva provato a raggiungere quel supermercato dove i prezzi erano bassi e adesso, addirittura, li avevano bloccati, ma era lontano. Troppo lontano e gli andavano via troppi soldi nei mezzi. Insomma, non ne valeva la pena.
I colleghi di lavoro gli consigliavano di acquistare negli outlet, di fare shopping on-line, di comprare col leasing o col factoring. Ma a sentire quelle astrusità anglofone, Giustini abbassava gli occhi e pensava al volto sereno e familiare della panettiera sotto casa. Allora, piano piano, ha cominciato a comprare meno carne, meno pasta, meno verdura. A quell'età essere belli asciutti era tutta salute, pensava. Tutta salute.

Ma non si sentiva povero, non si era mai sentito povero. La sua ricchezza era ben custodita nella scatola di latta con sopra le bandierine di tutto il mondo. Ogni settimana qualche soldino. Ogni settimana. E alla fine dell'anno, sotto Natale, faceva i conti. I suoi risparmi, tutti, erano per il consueto regalo da lasciare sul davanzale della sua Fiamma Fuochini. Fare economia, pensava, ha senso solo se è per un dono, per rendere gli occhi della sua Fiamma più grandi e morbidi di stupore e più celestini di gioia.
 

 

Secondo me: «230. Risparmi forzati: IL RAGIONIER GIUSTINI E IL CARO EURO» - di Mina, La Stampa, Sabato 25 Settembre 2004
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