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di Mina
A carbonella. Mi piacerebbe tanto riuscire a trovare un telefonino a
carbonella. Di quelli semplici. Di quelli che non fanno le foto, i filmini,
il ragù, il caffè, le coccole, la manicure e altre inutilaggini di questo
tipo. Un elementare, ingenuo, candido telefonino. Non ce ne sono. Non ne ho
trovato uno che avesse la sola funzione dalla quale ha preso il nome:
telefonare. Magari con un drin semplice e genuino. E invece mi ritrovo con
un corpo estraneo, un alieno nella borsa. Un coso che emette suoni
inquietanti e dal quale mi aspetto qualsiasi sgradevole sorpresa.
Va beh, io non sono il massimo della tecnologia e del modernismo, lo
riconosco. Già quando mi cambiarono il numero di casa a Cremona, fu un
raccapriccio. 1-1-7-1 e non esistevano i prefissi. “Stipel. Desidera?”. Si
doveva passare da un centralino anche per chiamare a dieci chilometri da
casa. “La vuole semplice, urgente o urgentissima?”. Tutti diranno: che
orrore. Io dico: che meraviglia. “Pronto? Sì, ci vediamo al barometro”. E
che nostalgia, degli spazî mentali e sentimentali, del ghiaccio sui
marciapiedi, la mattina, quando andare a scuola era come un viaggio in
India, Che nostalgia della mia gente, meravigliosa anche quando era
deludente. Sì, mi sembra di parlare di una tribù estinta. È vero, è proprio
così. Eravamo già estinti appena nati. Si nasce estinti. E ci si ritrova
commuovendoci di quello che non abbiamo condiviso se non nella visione
letteraria del passato, della vita.
E i nostri figli, tra venti o trent’anni, ripenseranno con gli occhi lucidi
a quando giocavano con le diavolerie telefoniche che impazzano assieme
all’estate, e per loro sarà altrettanto emozionante e struggente. Perché
tutto si ripete e, forse, sta proprio lì il portento, la magia che ti
stordisce e conferisce agli episodi della vita quel valore aggiunto di
nostalgia affettuosa, misericordiosa che ti fa sembrare splendido anche il
più piccolo particolare.
E allora questi cellulari energumeni guardiamoli con gli occhi di fra vent’anni.
Così, forse, inorridiremo un po’ meno per i corteggiamenti via videofonino
con cui, sulla riviera romagnola, si modernizza il rito perpetuo del cuccare
estivo. O riterremo meno demenziali le suonerie che elettronizzano l’ultimo
hit che a ottobre nessuno più ricorderà.
Noi abbiamo avuto i numeri telefonici a quattro cifre. Lasciamo che i nostri
figli massacrino le parole coi geroglifici della comunicazione cellulare.
Fra non molto saranno anche per loro un piccolo angolo di nostalgia.
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