Mina

221. Letteratura e cellulari:

I PROMESSI SPOSI DEL MESSAGGINO

 

 

di Mina


Se per scorgere qualche bizzarra novità tecnologica si deve rivolgere lo sguardo verso Oriente, ciò significa che siamo di fronte ad un segno dei tempi che cambiano. Sarà forse perché la tecnologia, per sopravvivere e imporsi, deve saper coniugare l'innovazione con la fantasia e con la creatività che ad Occidente cominciano a scarseggiare? Mah. Sta di fatto che questa volta gli americani sono stati sorpassati dai cinesi. I quali, in una fase di crescita esponenziale di un mercato che presenta ancora enormi margini di sviluppo, hanno pensato di affidare ai cellulari la diffusione della lettura. O della letteratura.

In 60 capitoli di 70 parole ciascuno potrà arrivare sui 300 milioni di telefonini cinesi il primo romanzo via sms. L'autore, Qian Fuchang, che insegna letturatura all'università di Guangdong, si è cimentato nella stesura di una storia sensuale di un amore clandestino. A detta degli esperti, si tratta di una vera opera letteraria. Che potremmo equiparare ai feuilleton di fine '800, che attanagliavano i lettori fino all'uscita della puntata successiva. In questo caso la differenza sta tutta nel supporto al testo, che non è più racchiuso nel nobile fruscio delle pagine o nella granulosità della carta, ma che apparirà dopo l'avviso di un bip bip. I telelettori avranno dunque bisogno di 60 giorni per conoscere il finale della torbida vicenda d'amore cinese.

Non oso pensare come se la caverebbero in Cina, se, dopo lo sperato successo del romanzo telematico, decidessero di passare a qualcosa di più corposo, dal punto di vista della qualità e della quantità. In quante puntate occorrerebbe sminuzzare, che so, "Guerra e pace" o l'"Ulisse" di Joyce? A meno di liofilizzare il tutto e, in un inno alla sintesi, condensare la grande letteratura riducendo "I Promessi Sposi" a un sms che recita pressappoco così: "In pieno '600 due giovani lecchesi si amano, ma il loro matrimonio si complica. Fanno da scenario carestia, guerre, signorotti arroganti, frati e rapimenti, finché tutto si risolve con le agognate nozze". Oppure bonsaizzare Shakespeare, che non sappiamo come reagirebbe di fronte ad un messaggino che ci raccontasse che "nella Verona medievale l'amore impossibile di due giovani appartenenti a famiglie rivali si sviluppa tra morti vere e finte, fino alla tragica conclusione che accomuna nel mortal destino i due amanti sfortunati".

Sia chiaro: in una società utilitaristica, fondata sull'odio per tutto ciò che non provoca immediata ricchezza e, di conseguenza, per il libro, ben venga che anche un telefonino sia portatore di letteratura. Ma rimane il dubbio. Una volta appurato che "il mezzo è il messaggio", si deve concludere, con McLuhan, che "non è che il contenuto non giochi nessun ruolo, ma piuttosto che il suo ruolo è di natura subordinata". E così la tecnica trionfa, ballando sul cadavere della letteratura.

 

 

Secondo me: «221. Letteratura e cellulari: I PROMESSI SPOSI DEL MESSAGGINO» - di Mina, La Stampa, 17 Luglio 2004
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