Mina

216. Trovato morto a Tokyo dopo vent'anni:

UNO SCHELETRO NEL PIGIAMA
 

 

di Mina


È esistito. Le prove della sua vita ci sono e sono reali. Poi è morto, altro segno inequivocabile di precedente vita, ma nessuno se ne è accorto. Né reclamato, né ricordato, né ammesso. Uno scheletro ritrovato dentro un pigiama, in una vecchia casa di legno nella periferia di Tokyo. Accanto a lui i giornali di un ultimo giorno di vent'anni fa. Un giorno senza seguito.

Gli operai arrivati per abbattere la casa e far posto a un nuovo condominio fanno parte della scena e del retroscena, tanto disumani quanto orribilmente perfetti. La quintessenza del non dolore. La morte derisa e sminuita, lasciata senza lo scontato effetto del pianto. Nessuno ha sentito neppure l'odore della putrefazione. La morte battuta incontestabilmente. L'assenza definitiva non considerata né dai due figli né dai colleghi di lavoro.

Per quel lettore di giornali morto e per i suoi venti anni di morte avrei due possibili ipotesi. Una favorevole, comprensiva, compassionevole. Forse ha scelto di essere nascosto agli occhi del mondo, ha eretto una barriera per difendere il proprio isolamento, si è fatto volontariamente inutile e non incisivo, solitario per scelta, pigro, quasi immobile, con la volontà di non essere citato per nessuna ragione, né da vivo né da morto. E in fondo al cuore uno sconfinato amore da dedicare solo a pochi e un desiderio eroico di evitare loro la pena del distacco. Immagino abbia escogitato finti ritiri, disorganizzati allontanamenti, penose disaffezioni fino al sacrificio sublime dello stare morto tra i vivi. Vittorioso nell'impresa di non potere suscitare rimpianto, ha deciso di farsi talmente invisibile e silenzioso che le uniche parole da lui pronunciate si sono perse nel vento. Infagottato e rimpicciolito, come un piccolo personaggio di un racconto qualsiasi della letteratura mitteleuropea. Risucchiato dal liquido amniotico che lo ha fatto ritornare ad essere come uno non ancora nato. Morto, prima ancora che la morte ne certificasse la scomparsa.

L'altro scenario possibile, non so se più probabile, è quello che mi e gli auguro abbia costituito la vera storia. Un uomo maledetto, insopportabile, odiato e reietto per giusta causa. Tanto antipatico da non avere amici. Colpevole di quasi ogni peccato accessibile all'uomo. Tanto turpe, tanto malvagio da assassinare l'amore dei figli. Lucifero aveva reclamato la sua non-vita, aveva smaterializzato il suo cuore, rendendolo un fuoco di odio. Gli occhi erano vuoti, le orbite solo un ricettacolo di nefandezza. Morto all'amore, al punto che la morte, arrivata accanto al suo letto, non ha potuto far altro che riconoscere che la vita si era già spenta e allontanata dal suo cuore di ghiaccio.

Ma esiste un uomo così? È esistito. Forse. E finalmente per chiunque, con grandi e pubblici sospiri di soddisfazione, ora è inesistente.
 

 

Secondo me: «216. Trovato morto a Tokyo dopo vent'anni: UNO SCHELETRO NEL PIGIAMA» - di Mina, La Stampa, 13 Giugno 2004
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