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di Mina
Ecco la solita irrefrenabile piegolina delle labbra che non riesco a
trattenere e mi si trasforma involontariamente nel sorrisino che ormai mi
conosco. All’ennesima notizia di scoperta o di invenzione
bio-tecno-fanta-epocal-apocalittica non resisto e affiora in me quel po’ di
“troglo” di cui non mi vergogno.
Questa volta si tratta della topolina Kaguya, la prima topolina nata senza
il decisivo apporto spermatico del papà topo. Trattandosi di un caso, unico
tra i mammiferi, di partenogenesi, la piccola Kaguya riconosce come padre il
fantasmagorico scienziato Tomohiro Kono che, con la sua équipe giapponese,
l’ha fatta nascere usando soltanto la cellula riproduttrice femminile non
fecondata. La topolina Kaguya ha così preso tutto il suo bagaglio genetico
dalla mamma topa. E il ratto che eventualmente la corteggiava, con tutti i
suoi spermatozoi in fibrillazione, è diventato tristemente superfluo, visto
che ormai la scienza è riuscita a far breccia sui meccanismi biologici
evoluti che, per motivi ancora in parte misteriosi, impediscono alla maggior
parte delle specie di procreare senza maschio.
Appena apparsa la notizia su “Nature”, l’esperimento scientifico, dai
contorni e dai contenuti veramente complessi, passa al vaglio della più
disordinata volgarizzazione e suscita la macedonia di ipotesi ignoranti a
proposito degli effetti della applicazione della novità.
Per fortuna mi si scatena la voglia di scherzare e mi capita la possibilità
di valutare lo scenario di un mondo fatto di topi femmina, che comunque
preferisco non vedere, inseguite da gatte che, indipendentemente dal sesso,
non saprebbero disneyanamente familiarizzare con cagnoline e cagnolone.
Innanzitutto ci sarebbe da valutare l’inevitabile variazione lessicale,
dovuta all’eliminazione del “ratto”, con l’annullamento dell’ambiguità
semantica tra ratto-topo e ratto-rapimento, e a tutto vantaggio dello
sdoganamento definitivo dell’inelegantissimo “topa”. Similmente andrebbe per
gli attuali “cagna” e “maiala”, dispregiativi quanto mai. E poi mucche, solo
mucche e non più pii buoi per riempire poesie carducciane e cartoline di
montagna. E, al massimo, la sospensione delle corride, soltanto per mancanza
di tori, visto che le donne torero ci sono. E non potremo più giocare a
scacchi, se non inventando una scacchiera con due regine e due cavalle per
parte. E non più stalloni ritiratisi dalle corse, come Varenne, usati solo
per ingravidare puledre e per perpetuare le vittorie. E forse capiremmo
anche perché Goethe, dopo aver coniato l’espressione “eterno femminino”, non
ci abbia deliziato con l’analogo “eterno mascolino”.
E poi, e poi. E poi ci sarebbe quel piccolo dettaglio ... cui non vorremmo
rinunciare e che, alla fine, rimane una delle poche “divertenze”
insostituibili offerte dal maschio della nostra specie.
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