Mina

208. Minori e lavoro:

SCUOLA, FERMIAMO LA FUGA DEI BAMBINI

 

 

di Mina


Con il fiato sospeso, li abbiamo sempre guardati come il nostro lato migliore, ingenuo, intatto. Come un prolungamento di noi, ma con in più uno sguardo spalancato, una capacità intatta di affidamento, uno stupore sincero che scopre il mondo nel suo aspetto più affascinante. Li abbiamo coperti con i guantini e le cuffiette fatte all’uncinetto. Li abbiamo spaventati con la minaccia del carbone o soddisfatti col regalo più inaspettato. Li abbiamo accompagnati al parco dove cominciavano a scegliersi i primi amichetti di gioco. E poi al supermercato a scrutare col naso all’insù l’astuccio più bello e lo zaino più colorato. Li abbiamo condotti fino all’ultimo gradino della scuola, dove un’altra mano, più competente e colta di noi, li avrebbe aperti ad altri orizzonti di conoscenza.

Poi, improvvisamente, li scopriamo già grandi, col tono serissimo di quando vogliono dimostrare di essere cresciuti o col diario segreto che raccoglie le confidenze che non ci vogliono più raccontare.

E guardando più in là, in un mondo che non ci corrisponde più, li vediamo sfruttati, prostituiti, violati, cinti di esplosivo e pronti ad immolarsi per cause di morte. Neppure l’illusione di vivere nel “bel Paese”, dove anche le mamme son tutte belle ed anche un po’ chiocce, sembra bastare più. Soprattutto quando si viene a sapere che in Italia i bambini che lavorano sono quasi 400 mila. La solita guerra di cifre si scatena anche sul lavoro minorile. La Cgil spara la cifra alta, il ministro Maroni la dimezza. Sono conteggiati solo i bambini italiani o anche i figli di immigrati? Solo quelli che lavorano alle dipendenze di terzi o anche quelli che saltuariamente danno una mano nell’azienda artigianale dei genitori? Come al solito non lo sapremo mai.

Fatto sta che, mentre migliaia e migliaia di bambini non giocano più e non studiano più per una paga che va dai 200 ai 500 euro al mese, ci si interroga sulle cause e si individuano delle strategie. Colpa delle famiglie sempre più povere o di modelli culturali sbagliati che, come nel Nord-Est, prevedono la piena occupazione e la religione del lavoro a tutti i costi? Più controlli sulle aziende o più aiuti alle famiglie?

Resta centrale la responsabilità educativa della famiglia, ma è altrettanto fondamentale il ruolo della scuola. Negli anni scorsi abbiamo varato leggi per innalzare l’obbligo scolastico, ma abbiamo costruito percorsi rigidi, immaginando che tutti i ragazzi dovessero essere diligenti liceali, dediti solo alla cultura alta. Così li abbiamo illusi, annoiati, disamorati, in aule scolastiche più simili a prigioni che a luoghi di scoperta. Occorre tornare, al di là delle affermazioni di principio, alla centralità della persona in crescita, in una scuola dove ciascuno abbia il diritto di fare il suo percorso, secondo le proprie attitudini e aspirazioni. Tutto sommato, non è poco.
 

 

Secondo me: «208. Minori e lavoro: SCUOLA, FERMIAMO LA FUGA DEI BAMBINI» - di Mina, La Stampa, Sabato 17 Aprile 2004
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