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di Mina
Ti ricordi? C’erano i mappamondi di metallo che, schiacciati ai poli,
ruotavano su supporti incerti. Il divertimento era quello di farli girare
all’impazzata. Il mappamondo cadeva, si staccava il suo aggancio a pressione
a livello dell’equatore e si divideva in due emisfere. La terra di oggi è
come quel mappamondo: con una spaccatura equatoriale insanabile, sopra e
sotto la quale, a parte poche continentali eccezioni, diverse velocità di
sviluppo condizionano la biologia e il futuro dei popoli. Nell’emisfero
boreale, quello sopra per intenderci, pare ci siano e ci saranno meno
bambini e più anziani. Così ci dice il rapporto dell’Ufficio Americano del
Censimento. Siamo circa 6,2 miliardi. La popolazione mondiale è cresciuta
soltanto dell’1,2 per cento nel 2002 ed ha raggiunto i 6,2 miliardi con un
aumento di 74 milioni rispetto all’anno precedente. Il tasso di natalità è
in continuo calo: 2,6 nel 2002 contro 3,3 nel 1990, non lontano cioè da quel
2,1 che rappresenta una crescita pari a zero.
Quindi meno schiamazzi, meno fantasia, meno novità, meno sincerità. I
vecchietti, davanti al camino, racconteranno la loro saggezza ad altri saggi
ed esperti. E verrà una noia mortale ai raccontatori e agli ascoltatori. E
purtroppo saranno intercambiabili, perché l’unicità risiede soltanto nella
speranza, nel sogno, nella voglia di chi impara. Nell’emisfero australe,
nelle aree del sottosviluppo, della povertà ci saranno, invece, sempre molti
o anche troppi bambini, a nessuno dei quali verrà concessa una aspettativa
di vita sufficiente per aver voglia di schiamazzare, avere sogni o speranze
negli occhi e, tanto meno, la possibilità di imparare. In uno scenario così
incoerente, cosa dire a chi consapevolmente sceglie di non avere figli
proprio là dove sarebbe più possibile, più fisiologico? L’elenco delle
ragioni di una simile scelta comprende contingenze culturali e sociali più o
meno eticamente giustificabili. L’incertezza della prospettiva, la nebbia
sulle finalità impediscono la chiarezza nella responsabilità. Aver paura
di consegnare una eredità di debiti, di storture, di difficoltà, di dolore a
un figlio per cui desidereremmo soltanto felicità, diventa il punto centrale
nella scelta di amore. Anche peregrinando tra le saggezze dei vecchi è
difficile trovare la chiave della certezza. L’innaturalità di una mezza
umanità che si spegne nell’allungamento della vita e di quell’altra mezza
che si spegne senza neppure aver compreso la vita, fa del mondo una
mostruosità evitabile.
Come incoscienti abbiamo maltrattato quel mappamondo di metallo. Le mani ci
si impigliano nel tentativo di aggiustarlo. Eppure sembrerebbe così
semplice. Basterebbe, come primo provvedimento, smetterla di deridere,
accusando di demagogia o di inconsistenza utopistica chi parla dei diritti e
dei doveri dell’uomo.
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