Mina

196. La favola di San Valentino:

NON SEMPRE L’AMORE HA BISOGNO DI PAROLE
 

 

di Mina


Ha lasciato i suoi colleghi a parlare d’amore, come se l’argomento non lo avesse mai riguardato. Ha ottenuto il permesso di uscire un po’ prima dall’ufficio e si sta dirigendo, di buon passo, verso quella strada che non fa parte del suo panorama quotidiano. Là c’è quel negozio di libri con quel buon profumo, quel negozio che ti fa sentire un privilegiato, quando ci metti piede. Si deve allontanare dalle sue solite vie e intanto pensa che la sua storia d’amore potrebbe finire in un bel libro. Quando prenderà corpo, naturalmente. Ma ci sono tutti gli elementi per essere un grande libro d’amore.

Lei, Fiamma, che lui ama come se fosse un temperato, accudito malanno. Lei con quell’aria docile e quelle carni chiare, rosa e azzurrine come un disegno dell’asilo, con quello sguardo molle che lui ruba ogni volta che la incrocia e che gli mette uno spasimo che non ha saputo ancora riconoscere, lei che potrebbe volare sopra la sua testa. Oh, lui ne è certo, una fanciulla così deve avere qualche attitudine straordinaria.

Si sistema la cravatta e entra riconoscendo il suono dei campanellini posti sulla porta. “Potrei avere un libro di poesie d’amore?”. Trattiene il sorriso fin fuori dalla bottega, col pacchetto stretto tra le mani e il petto, come a volergli trasfondere tutte le parole d’amore che non riuscirà mai a pronunciare. Ha sul viso un’espressione educatamente decisa, garbatamente audace, civilmente coraggiosa. Sì, quest’anno non lo lascerà nella cassetta della posta, glielo darà personalmente. Sì, la avvicinerà, la fermerà e metterà il libro nelle sue mani.

Solo l’idea del contatto fisico gli fa rallentare il passo e aumentare il respiro, ma fa ancora un po’ di strada con quel pensiero ardito.

Esce quasi correndo dalla casa di Fiamma dove ha lasciato il suo regalo di San Valentino nella cassetta delle lettere. “Quest’anno è andata così, ma il prossimo ...” Sorride ancora, il ragionier Giustini, guarda in alto. C’è una nuvola lunga che sembra una coltellata, la luna spinge per uscire, il freddo gli è sempre piaciuto, fa un respirone, un altro, “mamma mia, che avventura”, la sua mente è in pace, per fortuna è ritornato al suo abituale stato di calma.

Sale un groppo nello stomaco, in gola che gli fa dire “Buon San Valentino, Fiamma!”  e, spaventato dal suono della sua stessa voce, allunga il passo verso casa. Gli è più congeniale ascoltare, nel consueto e amato silenzio, il suo pensiero, dove la realtà cede il passo all’essenziale che sta nel cuore. E la sola idea di aver voluto, lui in persona, deporre nelle mani di Fiamma il libro, lo atterrisce e lo esalta ancora. Il biglietto di dedica l’ha scritto e riscritto per dieci giorni. Ma non importa se, alla fine, rimarrà sull’angolo più in vista della sua credenza. L’amore non chiede di essere detto.

Buon San Valentino, ragionier Giustini!
 

 

Secondo me: «196. La favola di San Valentino: NON SEMPRE L’AMORE HA BISOGNO DI PAROLE» - di Mina, La Stampa, Sabato 14 Febbraio 2004
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