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di Mina
Un tornado. La calunnia non è un venticello, è un tornado. Che fa morti e
feriti. E le sue conseguenze catastrofiche non cambiano un gran che, se la
si esercita nelle forme apparentemente più gentili del pettegolezzo, del
chiacchiericcio, del passaparola.
Da questo punto di vista, che cosa avranno mai da raccontarsi gli autorevoli
relatori che si sono dati appuntamento, proprio oggi, a L’Aquila per un
convegno nazionale sul valore della “sana maldicenza” nell’era della
comunicazione integrata? Si annuncia, oltre alla presenza di Bruno Vespa,
una dotta relazione di Francesco Cossiga.
La nobilitazione delle espressioni più basse dell’intelligenza umana è una
stratosferica tentazione, cui è difficile sottrarsi. Soprattutto se, come
dice il principe di Gossipolandia, Roberto D’Agostino, “il pettegolezzo per
noi italiani è un’abitudine alla quale non possiamo rinunciare”. Sarà. Vorrà
dire che io devo proprio essere dell’isola di Bula Bula, dove, come si sa,
non esistono giornali, fotografi, tv. E dove alle brutture, alle schifezze,
al pattume si riserva grandissimo disprezzo e pochissima comprensione.
Mi immagino la scena e gli argomenti. Si rivaluteranno le maldicenze di
Svetonio, che faceva la storia degli imperatori romani dal buco della
serratura dell’alcova. Lo si eleverà al rango di grande storico. Si
ricorderà come molta parte della politica italiana del Rinascimento si
sciorinava tra intrighi di palazzo e confabulose trame di cortigiani.
La dignità culturale (si fa per dire) del pettegolezzo è ormai un fatto
sacrosanto, se se considera lo spazio debordante che al gossip viene
riservato dall’universo mediatico. Anzi, anche la notizia neutra viene
confezionata sensazionalisticamente, con la violenta aggressività dei
titoli, con la logica pettegolistica da mercato rionale.
Il messaggio che passa è deprimente. Se pagine di giornali e servizi
televisivi vengono dedicati alle preferenze sessuali dei reali inglesi, se
un fidanzamento tra una starlette e un bomber del calcio rappresenta un
piatto appetitoso, e se un rifidanzamento, con ovvi richiami alla Taylor e a
Richard Burton, diventa un argomento irrefrenabile, che cosa dovrà fare la
Mariuccia quando si trova sotto il casco della parrucchiera? E tra un “Sai,
ho visto Tizia che passeggiava con Caio” e un “Ma non stava con Sempronio?”,
lei e la Peppina rimpolperanno l’orda potente del popolo del gossip.
La questione si colloca sul livello della conoscenza. Dall’analisi seria e
rigorosa siamo passati al “leggiadro” richiamo del buco della serratura. Lo
diceva amaramente Gore Vidal:
“Nessuno più educa, perché
educare vuol dire insegnare ai giovani cose che non conoscono ... Così al
posto del dialogo socratico imperversa il pettegolezzo. Ma una vita non
esaminata non vale la pena di essere vissuta”.
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