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di Mina
Le figurine. Sì, quelle di una volta, quando ancora non c’era l’adesivo.
Quelle che incollavamo con una piccola paletta di plastica, stendendo sempre
troppa colla, perché ci piaceva quel leggero sapore di mandorla che veniva
su dalla scatolina. Le custodivamo in improbabili portafogli da bambini
oppure in sacchettini di fustagno di color marroncino chiaro che avevano
fatto cucire dalla mamma.
Non ricordiamo più se ci emozionava maggiormente l’apertura del pacchetto,
comprato all’edicola o dal cartolaio, o il rito dello scambio, quando dopo
un “Ce l’ho, c’e l’ho, ce l’ho” ripetuto all’infinito, sussultavamo nel
vedere tra le mani del compagno di scuola, spesso il più antipatico, proprio
la figurina che ci mancava. E lì partivano le trattative. Dieci o venti
figurine per il Feroce Saladino o per quella di Angelillo o di “Veleno”
Lorenzi. Alla fine, la smania di entrare in possesso del tesoro mancante
portava sempre a concludere l’affare, con uno svenamento di figurine, pari
solo alla gioia di terminare finalmente la pagina.
Con quelle più comuni imbastivamo sfide furibonde a chi riusciva a
capovolgerne di più col rapido gesto della mano chiusa a mo’ di cucchiaio o
a farle arrivare il più vicino possibile al muretto del cortile sotto casa.
Valanghe di figurine sono passate tra la mani dei bambini italiani,
attraversando mode e modelli di riferimento. Con un successo che non conosce
né cedimenti né spiegazioni, se non, forse, nel fatto che l’immagine è la
forma più immediata che sviluppa la suprema facoltà della fantasia. Con in
più il piacere tutto razionale dell’incasellamento e della classificazione.
Per questi motivi anche la vita di Gesù è scesa dalle narrazioni che se ne
fanno dai pulpiti delle chiese ed è entrata negli album di figurine. Da due
giorni sono in vendita nelle edicole pacchetti con 200 immagini adesive che
illustrano ai più piccoli la vita e le parabole di Gesù. Il tutto realizzato
con grande attenzione alla ricostruzione storica. E, come è buona usanza in
un Paese dove si dibatte su tutto, dagli starnuti dei ministri ai colori
degli abiti degli sposi reali, anche sulle figurine evangeliche c’è chi non
nasconde il mal di pancia, vedendovi un approccio al limite del blasfemo, e
chi esulta all’idea che finalmente uno strumento facile per i bambini possa
riempirsi di contenuti elevati e positivi. C’è chi storce il naso al
pensiero che Gesù diventa fratello di penna di Tex Willer e di Dylan Dog,
visto che hanno lo stesso disegnatore come padre, mentre altri invece
invidiano la capacità della Chiesa di saper usare sempre nuove forme di
comunicazione per diffondere il messaggio evangelico.
Tutto fa brodo per discutere o polemizzare. Ma, per una volta tanto,
lasciamo che siano i bambini a decidere. La loro fantasia si sprigionerà
anche con le figurine di Gesù. Basta non sporcarla con le nostre parole
sempre troppo in libertà.
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