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di Mina
C’è solo una piccola tassa da pagare. Un solo euro per far volare le
speranze. Anche il ragionier Giustini, che ieri pomeriggio ha messo sotto
chiave le carte della sua scrivania per farle riposare per due settimane, si
è lasciato prendere dalla frenesia. Anche lui, così refrattario alle cose
del mondo, non ha saputo resistere.
Stamattina, dopo aver raggiunto il solito alberghino al mare, si è messo il
suo vestito millerighe. Quello che gli ispira immediatamente il sapore della
vacanza. E, come fa da quasi trent’anni, per prima cosa è andato a comprare
i francobolli nella tabaccheria che sta proprio di fronte alla sua
pensioncina. Non lo sa, il ragionier Giustini, che oggi non si mandano più
le cartoline coi saluti dalla villeggiatura. Non sa che esistono gli sms.
Non lo sa e non lo vuole sapere.
La tabaccheria, per lui, è ancora quella con l’insegna a T, quella dove si
vendono esclusivamente sali, tabacchi e valori bollati. Ma stamane una lunga
fila di gente gli impediva di entrare. Non capiva il perché di quell’inusuale
concorso di popolo e per lui, che è restio al domandare e che parla solo se
gli vien chiesto qualcosa, non restava altro che ascoltare i discorsi della
gente.
Numeri. Date di nascita di mamme, figli e fidanzate, trasformate in sestine.
Numeri ritardatari e calcoli delle probabilità. E numeri diventano fantasie
e speranze. Chi parla dei figli da sistemare, chi della casa dei sogni, chi
della decisione di dimenticare il lavoro e chi della beneficenza di dovere.
Discorsi d’assalto al fortino blindato della sestina proibita. E soldi,
tanti soldi.
In una giravolta del suo pensiero, il ragionier Giustini passa dall’ascolto
inosservato dei parlari della gente all’attesa del suo turno. Diventa anche
lui uno della fila. In coda, come tutti, ma con altre immagini che gli
attraversano la mente. Potrà restare in villeggiatura ben più dei suoi
soliti otto giorni e comprarsi un altro vestito da mare, sempre azzurrino,
ma profilato di bianco. Lui, che non ha figli e che ha come unico parente un
vecchio zio che fa il materassaio, ha sempre desiderato comprare la casa
dov’è nato. Quella vicina alla vecchia quercia, dove nelle sere di giugno
amava aspettare le lucciole che apparivano a scomporre la pulsante calma
della notte. E nei pensieri che si fanno speranze, compare il volto di lei,
della sua Fiamma dagli occhi educati e celestini. A lei, oggetto del suo fin
troppo rispettoso trasporto, potrà regalare qualcosa di più delle solite
collanine di conchiglie che compra tutte le volte che va a Portofino in gita
aziendale. E la foto di sua madre, con quel vestitino di cotone leggero a
fiorellini, potrà cambiare dimora e passare dall’attuale cornicetta di
plastica, comprata al supermercato, ad una più degna in argento sbalzato.
Speranze che guardano al passato. Poche cose vorrebbe da una vincita.
Finalmente entra in quella che per lui era solo la tabaccheria ed oggi è
anche ricevitoria. Si fa aiutare a compilare la schedina e compra i
francobolli per le cartoline. Ha pagato la sua tassa per la speranza.
Speranza di una vita non diversa. Soltanto più sua.
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