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di Mina
Una strepitosa lezione di fisiologia, inaspettatamente ci informa
dell’impossibilità che da un rapporto omosessuale possa essere concepito un
figlio. Formidabile! Poi una fulminante novità con l’elenco dei motivi per
cui il “diverso” è sicuramente depravato. E infine un monito. Una bolla di
immoralità, sì, proprio di immoralità, a quel politico che approvasse o
soltanto appoggiasse una legge in cui agli omosessuali venissero concessi
gli stessi diritti degli eterosessuali a proposito di unioni.
“Rispetto, compassione e delicatezza”. Questo è tutto ciò che può essere
dedicato all’abominevole per farlo sentire meglio. Proporrei, innanzitutto,
di rifiutare l’offerta di “compassione” che è l’ultimo bisogno di un essere
umano, uomo o donna, che prova amore vuoi omosessuale, vuoi eterosessuale,
vuoi asessuale.
Mi sembra di avvertire un leggerissimo senso di soffocamento.
Provo a concentrarmi sul “rispetto”. Il rispetto è un concetto universale,
che non prevede limiti e informa la morale e la giustizia. Dovrebbe
semplicemente garantire l’uguaglianza dei diritti. Garantire il diritto, e
scusate il luogo comune, anche del più disumano dei delinquenti. Proprio
della limitazione dei diritti parla il cardinale Ratzinger. Il
problema sta forse nella sconvenienza sociale, economica ed ecologica di una
tendenza di decremento della natalità e di invecchiamento della popolazione,
sempre più lontana dalla morte dal momento della nascita? Bene, se così
fosse quanto e che cosa c’entrano gli omosessuali? I diritti diversificati o
ridotti dovrebbero riguardare, oltre a loro, anche gli eterosessuali
volontariamente o involontariamente non prolifici, i casti obbligati o
convinti. Il rispetto, come il diritto, è dovuto, non può essere una gentile
concessione.
Mi sembra di avvertire un leggerissimo senso di soffocamento.
Passiamo alla “delicatezza”. Mi piace sentirne parlare. Dallo
Zingarelli: “gentilezza di sentimenti e di maniere”, ma ancora
“discrezione”, “riguardo”, “tatto”. Valori della interazione umana, non
burocratici. Non si può essere delicati e discriminatori, delicati e
invadenti, delicati e sovrastanti.
Mi sembra di avvertire un leggerissimo senso di soffocamento.
Nel racconto “La razza maledetta”, ai primi del Novecento, Marcel Proust
descrive il “povero monsieur di Quercy” omosessuale. In un interminabile
periodo di cinque pagine senza punti, puntualizza senza delicatezza i
lineamenti della “razza maledetta”, tentando giustificazioni storiche,
protopsicologiche e anatomiche. Ma senza delicatezza. Quella che avrebbe
usato per descrivere le fanciulle in fiore. E conclude: “... per restare
nella verità, bisogna ammettere che questa forma è strana, che questi uomini
non sono uguali agli altri”.
Siamo sempre allo stesso punto. Evviva.
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