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di Mina
“Hai visto? Non è più lui. Il papa non è più lui”. Mia madre, che ha una
inclinazione al giallo, alle macchinazioni, ai segreti non svelati, ne è
convinta. “Non vedi che lo sguardo non è più quello. E la voce, la voce non
è la sua”. Inutile controbattere. È inamovibile quando si affeziona ad
un’idea contro ogni evidenza, contro il resto del mondo. E mi racconta di
questo e di quel papa. Di come sono stati fatti fuori, della “acquetta”. E,
già che c’è, persino di Franco, il generalissimo, che “era già morto diversi
mesi prima che ne dessero l’annuncio ufficiale”.
È lui, mamma, è lui e non può essere che lui. Con quella ostinazione che gli
fa superare i limiti della macchina umana, con quell’accanimento, quella
severità, quelle parole pesanti come massi, quello sguardo tagliente da
straniero, quella fatica immane, quella leggendaria sopportazione, quell’aria
da leone, quella bella faccia da attore da mille Oscar, quella solidità che
gli deriva dalle sue certezze, quella testardaggine più forte di mille
acciacchi, quella voce che sa ancora pesare sulle parole importanti, quella
voglia di sorridere quando c’è festa intorno a lui.
Ed è lui il guerriero che ancora una volta, la centesima, trascina con i
denti il suo corpo in giro per il mondo. Mentre la sua anima lo precede, lo
sorvola, lo sostiene. E la sua autorevolezza, la sua certezza attrae e
respinge. Fa paura, ti augureresti di non incrociare mai i suoi occhi che
sono un giudizio universale anticipato.
È lui l’uomo al quale vorrei porre molte domande. E vorrei che mi
rispondesse fuori dal ruolo. Perché è l’uomo che mi interessa. Perché credo
che lui le risposte le abbia tutte. La contraccezione, l’eutanasia, la fede
dei giovani, la politica, la lealtà, il coraggio, la morte, la vita. Ma,
soprattutto, perché Dio unisce e le religioni dividono. Ed è soltanto questa
divisione che continua a provocare, a rinnovare da millenni la vera
catastrofe che ci fa ammazzare come cani l’un l’altro.
È lui che, pur stremato, non smette di ripetere che “la religione non è e
non può essere un pretesto per la violenza” e che “i credenti di tutte le
religioni, insieme agli uomini di buona volontà, bandendo ogni forma
d’intolleranza e discriminazione, sono chiamati a costruire la pace”. Ma
sembra che la strada che continua testardamente a indicare fatichi ad
affermarsi nel cuore dell’uomo.
È lui il profeta che sa, perché ha visto mille apocalissi, partendo dai
regimi che si sono spartiti la sua terra, mille cilici che in altrettanti
luoghi del mondo oltraggiano la dignità dell’uomo, mille piaghe di violenza
che hanno segnato anche il suo corpo.
Non può essere che lui l’uomo al quale mi piacerebbe parlare, l’uomo che
amerei ascoltare. Spostandolo dal ruolo ciclopico che la storia gli ha già
assegnato, e chiedendogli di restare ancora un poco tra noi.
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