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«Non ci sono solo
torri da ricostruire» |
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di Mina Dopo otto mesi di dibattiti, polemiche e confronti, la commissione incaricata di scegliere il progetto per la rinascita del World Trade Center ha emesso il suo verdetto. Al posto delle Torri Gemelle sorgerà un complesso dominato da una spirale di 1776 piedi: una torre alta come l’America, alta come l’anno in cui nacquero gli Stati Uniti. Il nuovo complesso sorgerà intorno al cratere prodotto dal crollo delle Torri, le cui fondamenta rimarranno visibili. Sminuire la pesantezza del ricordo o costringersi alla memoria diventano gli stimoli della ricostruzione. Questi hanno la stessa potenza con cui si riconvoglia un amore perduto ingigantendolo. A New York si è molto discusso sull’opportunità di ridare un volto all’area delle Torri Gemelle. E’ prevalsa l’idea di ricostruire, ma senza riproporre una copia degli edifici abbattuti. In nome di uno sguardo che va oltre, che vuole sfidare il futuro, hanno deciso per un progetto con riferimenti simbolici ma che esprime uno slancio entusiasta, un senso quasi adolescenziale di onnipotenza, un orgoglio che rifiuta il ripiegamento su se stessi. Se c’è un concetto sconosciuto all’America è quello della conservazione, del mantenimento di ciò che è frutto di una tradizione. Sarà anche per questo che hanno annullato tutte le testimonianze della cultura antica degli indiani. La «Vecchia Europa» ha un’altra concezione rispetto alle ferite causate da una distruzione. Intere cattedrali gotiche tedesche sono state ricostruite tali e quali, dopo l’ultimo conflitto mondiale. Il sindaco di Mostar reagì all’abbattimento del famoso ponte, simbolo antichissimo della città croato-bosniaca, dicendo: «Lo ricostruiremo ancora più antico di prima». Sì, perché da questa parte del mondo, se qualcosa viene distrutto, è l’arte e la storia, oltre alle persone. E l’amore alle radici non può consentire di lasciare un buco o di ricostruire in modo troppo diverso dall’originale. Ricostruire per gli americani non vuol dire e, soprattutto, non può significare rimediare, ma superbamente rincorrere la resurrezione. Da buoni americani, pragmatici e necessariamente dominati da una mentalità economicistica, stanno già facendo i conti. Il nuovo World Trade Center costerà 330 milioni di dollari: se per caso avanzasse qualche dollaro, consiglierei agli americani di rimettere in piedi le statue dei Buddha abbattute in Afghanistan. E magari di elaborare qualche progetto per ricostruire le torri che hanno distrutto nella Guerra del Golfo del 1991 e di quelle che potrebbero essere annientate, assieme a qualche migliaio di civili, o, come li chiamano loro, di «effetti collaterali». |
Società: «Non ci sono solo torri da ricostruire» - di Mina, La Stampa, Sabato 1 Marzo 2003