Società

«Scenda il silenzio su Milingo»
 

Mina


Hanno cercato di trasformare tutta la vicenda in un romanzo d'appendice, in un feuilleton di mezza estate. Mancava solo la certificazione suprema, e cioè un incontro in diretta tv. Visto che la televisione è sempre più l'unico luogo accreditato in cui si pretende che la realtà si manifesti, alla «Milingo story» è mancato l'ultimo suggello: un passaggio in una qualsiasi carrambata, un pellegrinaggio mediatico da uno «Stranamore» a un «C'è posta per te», passando magari attraverso un bagno di lacrime da Giletti.

Lo vediamo anche in questi giorni. Se un'evocatrice di cadaveri, dall'aria tranquillizzante da signora della porta accanto, fa le sue macabre funambolie da Costanzo, acquista la seriosa dignità conferitale dalla tv. Suggellata dal bollino blu che ne certifica il valore, per il solo fatto di essere approdata nel salotto della tv che conta. Ma, in realtà, la questione di Milingo è molto più seria di come han voluto dipingercela. E, soprattutto, molto più problematica rispetto alla facile categorizzazione dei personaggi creata dai media.

Nessuno, ad esempio, ha risposto finora alla domanda seria: come è possibile che un uomo granitico e con le spalle larghe, forgiate da studi e da convinzioni forti, sia potuto cascare nelle grinfie di un ciarlatano? Allora lo sbandamento che l'ha visto risucchiato nell'assurdo può accadere a chiunque? E che cosa è successo in un anno di «riflessione» lontano dall'Italia? Solo preghiere, meditazioni e pentimenti? E le lacrime, gli scioperi della fame, le suppliche di Maria Sung sono tutte frutto del suo amore viscerale per un uomo che ha sposato senza averlo conosciuto, o, come pare, questa coreana dall'aria tranquilla ma dal passato incerto non ce la racconta giusta?

Rispetto alle valanghe di pagine di giornali dedicate a Milingo, colpisce la rigorosa nettezza delle parole del Papa. Di cui risultano solo due brevi frasi, pesanti come spade che arrivano dritte all'essenziale. Un biglietto nel giugno 2001: «Caro fratello, mi colpisci al cuore. Ti aspetto». E le pochissime parole, citate da Milingo, che il Papa gli avrebbe rivolto nel colloquio di agosto: «Nel nome di Gesù Cristo, ritorna nella Chiesa cattolica». A questa chiarezza, a questa sintesi, sarebbe bene che tornassero tutti. Milingo compreso. Che invece è riapparso in pubblico con una torrenziale celebrazione eucaristica di tre ore nell'abbazia di Casamari, in provincia di Frosinone.

A dargli il bentornato una folla di circa 800 persone, con lo scontato corollario della ressa di fotografi e di giornalisti. Ora Milingo abiterà a Zagarolo, dove vivrà con altri due sacerdoti. Le guarigioni e i riti di esorcismo dovranno essere svolti in privato. Il cardinal Ruini ne parla, mettendo in guardia dalla «deriva spiritualistica». Che la fede, o meglio, le fedi, siano un ammasso di ritualità semi-pagane potrà interessare anche a molte persone sprovvedute. Ma non è quello di cui il mondo ha bisogno. Serve il silenzio. E una religione che sia soprattutto rispetto. Per questo cali il silenzio su Milingo.


 

Società:  «Scenda il silenzio su Milingo»  - di Mina, La Stampa, 23 novembre 2002

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