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«Il principe dei cavolini» |
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Mina Mi ero ripromessa di non parlare dei Savoia. Sì, va beh, ma la consegna del silenzio te la strappano dalle mani. L'altra sera, mentre aspettavo la partita della Lazio, che cosa ti vedo in televisione? Il principe (?) Emanuele Filiberto con in mano dei sottaceti, buonissimi peraltro, che faceva la pubblicità alle cipolline, ai cetrioli e a chissà quale altra cucurbitacea. Aveva detto che lo avrebbe fatto per beneficenza. Mio padre, lo zar Giacomo di tutte le Padanie, mi ha insegnato che la beneficenza si deve fare obbligatoriamente anonima. Ma probabilmente mio padre era di un'altra casata. La casata di chi cerca di comportarsi con un minimo di eleganza, con un minimo di rispetto, prima di tutto per se stessi, per la famiglia e per gli altri. Evidentemente questi sono sentimenti passati di moda. Avrei voluto vedere la faccia di Maria Gabriella, l'unica vera signora rimasta fedele alla sua nascita, donna bella, elegante e discreta. Sarà inorridita. Su questa linea c'è da chiedersi quanto potrebbe esigere Carlo d'Inghilterra per fare la pubblicità ai Tampax, oggetti già citati in una dimenticabile telefonata alla sua Camilla. Sia chiaro: non c'è nulla di male nel fare la pubblicità. Ad una condizione, però: che non si faccia contemporaneamente il re o il principe. E allora Filiberto che si rassegni. Vuol fare la pubblicità? Vuol diventare come una delle qualsiasi starlette che imperversano in tv? Che lo faccia. Ma riconosca che ciò significa scendere per sempre dall'Olimpo delle altezze reali, dismettere i blasoni per assumere definitivamente i connotati di un qualsiasi borghese. O forse non si rende conto, il principino, di essere caduto in un clamoroso trappolone? Avverto da parte della committenza come una forte, divertita, ironica irrisione. Quando si sarà rimesso in sesto, il re e la sua allegra famigliola rientreranno in patria in pompa magna. Il che si tradurrà immediatamente in una comparsata estenuante. I vari Vespa, Costanzo e Venier se li tireranno per la giacca in ogni trasmissione, e per un paio di mesi avremo il tubo catodico trasformato in «TeleSavoia». Va bene! Che lo facciano. Vorrà dire che ci rifugeremo nell'isola di Bula Bula. Una domanda. Forse hanno scelto Filiberto per la sua aria vagamente carciofesca, in bella sintonia col prodotto da reclamizzare? Anche se il prodotto più indicato per lui sarebbe stato un mobile della Ikea: ha l'espressività di un comodino. Tutto questo mi ha fatto tornare alla memoria una vecchia canzoncina: «Il re del Portogallo volea ballar la samba, e a noi che siamo in gamba sorridere ci fa». |
Società: «Il principe dei cavolini» - di Mina, La Stampa, 16 novembre 2002