|
Mina
PER una
volta tanto, scrutare dentro le sigle aiuta a capire di più. Prendiamo
il Pacs, ad esempio: patto civile di solidarietà. Sono tre
parole serie, parole maltrattate, abusate, strumentalizzate dai soliti
demagoghi, dai poveracci che non hanno coraggio, parole vigorose,
alte, piene di dignità. Pacs. Niente di più, niente di meno.
Chi è contro, è contro che cosa? Contro la solidarietà? Non sono
degni, i gay, di solidarietà? Neppure tra di loro? Contro la civiltà?
Sono persone incivili? Io mi farei un bell'esame di coscienza,
approfondito, reale, spietato.
Ammettendo per tutti la possibilità di un riconoscimento legale di una
convivenza, si verificherebbe il rischio di dover rinunciare al
«privilegio» di poter screditare, ridacchiare, sbertulare,
maltrattare, isolare gli omosessuali.
E allora, con che cosa ci potremo divertire? Con i soliti
pettegolezzi, i soliti tradimenti della moglie dell'amico,
dell'attore, del politico? Ci basterà? Non è passata neanche una
settimana da quando due tranquilli signori si sono uniti civilmente,
secondo la legislazione francese, per sancire la loro convivenza, con
tutti gli effetti a livello sociale e civile.
Ed è già cominciato il balletto dell'opinionismo. Che, questa volta,
mi sembra ancora più amaro e pericoloso perché vedo come una tendenza
tra il bonario, il volemosebene, la degnazione e la partecipazione
pelosa di chi sente che adesso è diventato trendy passare da quella
parte. Pretendo rispetto per tutti e per ognuno, pretendo rispetto
soprattutto per chi ha una vita in salita. Rispetto che si deve
necessariamente tradurre in silenzio.
Da parte di tutti, sia di chi si arroga il diritto di giudicare in
nome di fedi o di ideologie, sia di chi non vede l'ora di usare un
«caso» per «portare avanti il discorso». Ma, purtroppo, gli appelli al
rispetto seguono strade strane e tortuose, che toccano alcuni ed
ignorano volutamente altri.
Si parla di perdono quando ti ammazzano un figlio, si parla di
comprensione di qualsiasi cosa: da chi squarta la madre e il fratello
a chi violenta e uccide. Da una parte l'appello al buonismo, secondo
il quale ci si dovrebbe mettere una mano sul cuore e cercare di capire
la psicologia dei giovani omicidi, perché vivono da estranei nelle
loro famiglie, perché a scuola i professori non li ascoltano, perché
la società (parola ingannevolmente astratta!) li costringe a vivere di
emozioni virtuali, di Sms e di videogiochi.
E dall'altra parte la nostra mania censoria e sentenziatrice che non
vede l'ora di innalzare tribunali per definire chi è degno e chi no,
chi può e chi no, chi è civile e chi no. Ma di capire, rispettare o
almeno ignorare gli omosessuali non se ne parla.
Ma questa è disumanità, è una schifezza. Almeno potessimo usare parole
alte come «patto», «civiltà» e «solidarietà» calandole nel concreto!
Ma così non sarà, temo. E allora continuiamo a farci del male. In
fondo, ce lo meritiamo.
|