Società

«Più rabbia che gioia
per i cervelli in fuga
»
 

Un italiano, Nobel per la fisica 2002. E questo è l’onore. Un italiano, Nobel per la fisica 2002 perso dal patrimonio dell’Italia. E questo, se non proprio il disonore, è il rammarico.

Mina



Ecco, ci risiamo.
Mi tocca parlare ancora di un argomento che mi fa ribollire perché l’orgoglio non riesce a liberarsi della rabbia. Un italiano, Nobel per la fisica 2002. E questo è l’onore. Un italiano, Nobel per la fisica 2002 perso dal patrimonio dell’Italia. E questo, se non proprio il disonore, è il rammarico.


Chissà se abbiamo il diritto di vantarcene.


Un bel giorno del 1931, Riccardo Giacconi nasceva per iniziare una vita strepitosa. Solo un piccolo pezzo della sua storia si svolge a Milano. I segnali di capacità elevate sono così evidenti da indurre qualcuno a far finta di non accorgersene. E siccome noi siamo più furbi e gli americani più stupidi, nel 1959 gli viene data la responsabilità di un programma di ricerca spaziale a Cambridge nel Massachusetts. Il suo percorso è continuo e gli obiettivi raggiunti sempre più importanti.


Nel 1991 il Dipartimento di Fisica dell’Università di Milano lo nomina «appointed Professor». Rassegnato riconoscimento o rassegnato risarcimento... mah. Al vertice della comunità scientifica mondiale, negli ultimi anni, Giacconi si dedica all’insegnamento dei metodi di produzione della conoscenza e alla finalizzazione sociale e umana delle scoperte scientifiche. Nel 2002 il premio Nobel. Queste informazioni sono tratte da un suo breve curriculum sul sito del Nobel Prize. Ma c’è una nota sconfortante. Ad un certo punto si parla del suo impegno che riconosce come fine ultimo il miglioramento della qualità di vita in «our nation». So bene che l’umanità intera dovrebbe o potrebbe essere il beneficiario finale della conoscenza dovunque prodotta, ma, per un attimo, avrei voluto che «our nation» volesse dire Italia e, invece, vuol dire Usa. E questo sempre perché noi siamo più furbi e gli americani più stupidi. Mi chiedo in quanti e quali momenti Giacconi avrebbe potuto essere mantenuto e inglobato nel patrimonio culturale italiano. Probabilmente quando, ventottenne, era possibile offrirgli un «muro dentro casa da riempire con la sua opera d’arte». I timidi tentativi, un po’ confusi, un po’ velleitari, di far rientrare i «cervelli» sono rammendi molto visibili di squarci colpevoli.

Di tutto questo avevo già scritto e ricordo che c’era stata una risposta gentile: «Lasci stare, signora, queste polemiche. Stiamo sistemando tutto». Tacqui soddisfatta e speranzosa. Oggi il dottor Giacconi, e mi scuso se mi prendo questa confidenza, mi sembrava un po’ arrabbiatino sui «cervelli» che devono andare, che continuano ad andare e di tornare... poi se ne riparlerà. Così anch’io mi sono ricordata di essere molto, molto delusa.

 

Società:  «Più rabbia che gioia per i cervelli in fuga »  - di Mina, La Stampa, 12 ottobre 2002

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