Società

«Quanto ci mancano le buone notizie»
 

Alcune storie non sono curiosità per risollevarci dalla noia o dalla realtà cruda e pesante in cui siamo costretti. Sono verità che confermano che qualche volta i sogni si realizzano.

Mina



Mi assale spesso la tentazione di attuare una repentina modifica delle pagine dei giornali. Il biancore della carta, condita da non-notizie e da troppo inaffidabili commenti, potrebbe volgersi a maggiore utilità se i fogli venissero usati per ritagliare un cartamodello per il prossimo tailleurino autunnale, per avvoltolare uova o per foderare vecchi bauli. Anche a costo di portare all'ingiallimento l’orgoglio di una grande firma, la paura di un inviato di guerra, la noia di un cialtrone, le ingenue osservazioni di una cantante.


Poi accadono fatti che sciaguratamente costringono il giornale a farsi nero. Di piombo. In entrambi i casi verrebbe voglia di riservare a quelle pagine una fine anticipata, magari pucciarle nell’acqua a macerare per farne cartapesta in vista del prossimo carnevale. Ma può anche darsi che, a volte, tra quei fogli si accenda una piccola lucina. Magari due.


Come l’altro giorno, quando due storie hanno reso meno plumbeo il panorama dell’inchiostro tipografico. Giada, unica scolara del minuscolo paese di Morterone, il più piccolo d'Italia coi suoi 33 abitanti, avrebbe dovuto frequentare la prima elementare nel paese più vicino, a 16 chilometri da casa, lungo una strada montana assolutamente impervia e pericolosa soprattutto nei mesi invernali. Grazie all’intervento dell’amministrazione provinciale di Lecco e a una consistente dose di buonsenso, è stato trovato un alloggio vicino alla scuola e alla famiglia è stato garantito un contributo per l’affitto.


Anche all'altro capo d’Italia l’interessamento delle istituzioni ha acceso una luce di speranza per un'altra bambina, Rossella, affetta da una malattia rarissima. Alcuni mesi fa i genitori avevano iniziato uno sciopero della fame per scuotere le autorità sanitarie a produrre il farmaco per la figlia. Nessuno voleva farlo perché è molto costoso. Il ministro Sirchia, che ha una faccia, una pronuncia e una storia che mi piacciono molto, aveva incontrato i genitori e si era mosso sollecitando una casa farmaceutica americana. E mercoledì il farmaco è arrivato.


Bello.
Non è per una sorta di compensazione che certe vicende ci accendono il cuore. Abbiamo bisogno di queste storie che, anche se non sembra, ci assomigliano molto. Perché non sono curiosità per risollevarci dalla noia o dalla realtà cruda e pesante in cui siamo costretti. Sono verità che confermano che qualche volta i sogni si realizzano. Qualche rara volta avviene, come per incanto, che l'impossibile diventi realtà vera e tangibile. E noi ci crediamo, o facciamo finta di crederci. Nella convinzione che il miracolo possa accadere anche a noi. E se per una volta tanto coloro che ricoprono incarichi politici si chinano a considerare la particolarità delle singole persone, per aiutarle a risolvere problemi altrimenti insormontabili, non bisogna far altro che esprimere riconoscenza. Soprattutto se le persone aiutate sono indifese e senza alcun potere, uomini che non portano voti.


In tempi in cui la politica è tutta rappresentata come il palcoscenico degli interessi su cui ballano e girotondano le diverse fazioni, sono molto più vere le parole della madre di Rossella che, con una punta di commozione, ha detto: «Al ministro, per il momento, dico solo: grazie, grazie, grazie».
 

Società:  «Quanto ci mancano le buone notizie»  - di Mina, La Stampa, 14 settembre 2002

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