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Mina
TROPPO
facile mettere le mani avanti dicendo: «È roba da mormoni».
Perché, si sa, quando un'americanata ottiene un suo
successo, non occorre attendere molto tempo perché
travalichi l'oceano e si riproduca dalle montagne dello Utah
fino ai casermoni di Centocelle o di Quarto Oggiaro. L'idea
è frutto del genio, si fa per dire, di due americani,
proprietari di un negozio di videocassette. Il nodo del
contendere è costituito dalla valanga di sesso e di sangue
che deborda dai film e che riduce la possibilità di una
tranquilla visione familiare. Che fare dunque? Si compra il
film in Vhs, lo si consegna ad un'azienda appositamente
creata per ripulirlo da volgarità e brutture.
Così
te lo riconsegnano lindo e pulito, che più bianco non si può.
Via la testa di cavallo mozzata che fa bella mostra di sé
nel letto de «Il Padrino». Con un altro taglio e un
ritaglio si eliminano le gambe impudicamente allargate di
Sharon Stone e uno zàcchete riduce in inutili frattaglie il
sangue che schizza dai corpi massacrati da «Il
gladiatore». E così si realizza il sogno di tutti
gli Epurators di questo mondo: quello
che non piace, ogni elemento conturbante o volgare, viene
annullato dallo sforbiciamento implacabile di chi vorrebbe
un mondo asettico, gelidino e rassicurante, come
una pubblicità del tipo «Fresh and Clean».
La preservazione dal male attraverso la sua eliminazione è
un meccanismo fin troppo noto nella storia: dai mutandozzi
sulle sublimi figure del «Giudizio universale» che
resero celebre Daniele da Volterra detto il Braghettone,
fino ai meno risibili roghi di libri scritti da ebrei, ad
opera dell'integralismo hitleriano. Ogni taglio risponde
ad un'esigenza perfettamente ideologica, vorrebbe risolvere
il male eliminandolo o nascondendolo, dopo averlo
preventivamente identificato e definito. E
se allora un qualsiasi potere decidesse che il male non è
il sesso o le budella che buttano sangue, ma è il
sentimento, l'amore, l'apertura al bello, si potrebbe
arrivare a ripetere le stesse parole dette da Lenin: «È
venuta l'ora in cui non dobbiamo più ascoltare la musica,
perché la musica fa venir voglia di accarezzare la testa ai
bambini, e adesso invece è venuta l'ora di tagliargliela».
Brrr... Voglio avere la possibilità di vedere anche le
schifezze. Perché uno scrittore, un regista, un pittore ha
voluto la sua opera così. Magari addirittura inguardabile.
Sarò poi io a decidere di non vederla. Ma con l'arte, anche
se a volte è dura riferire questo termine a certi film, non
si adopera il trinciapollo. E quindi, meglio attenersi al
criterio del prendere o lasciare. Così com'è, senza
moralistiche epurazioni. Se so che «Irreversible»
della Bellucci è un inno gratuito allo stupro e alla
mercificazione del corpo, dico: «Grazie e arrivederci» e
mi riguardo piuttosto per l'ennesima volta un perfetto
Hitchcock.
E se Bukowsky lo voglio apprezzare per quello che è, me lo
ciuccio tutto, dalla prima all'ultima sillaba, anche quando
mi descrive una fellatio. A Sanremo ci siamo cuccati anche
le Lollipop, e quindi siamo ormai pronti a tutto. Tra chi
crea arte e chi ne usufruisce, per favore, non mettiamo
alcun filtro.
L'eliminazione del male poggia sull'idea che l'uomo sia
incapace di decidere, di scegliere, di valutare.
L'aveva già detto il poeta inglese Eliot, quando
metteva in guardia da quegli uomini potenti che, per
risolvere il male, «sognano sistemi talmente perfetti che
più nessuno avrebbe bisogno d'essere buono».
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